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Dare vita alla Democrazia

Feb 7, 2024 | 2024, Istantanee

C’è un assillo, che mi tiene costante compagnia.

Mi chiedo come sia possibile che, di fronte a tante palesi ingiustizie, e a tanta diseguaglianza, e a tanta prepotenza e a tanto violento attacco alla democrazia, ad Aquila, in Italia, e nel mondo, non vi sia un moto delle coscienze; una ribellione generalizzata, persino umana, prima ancora che politica.

Questo mio assillo, è accompagnato anche da un ulteriore peso; dall’idea cioè, che, siccome il corso della storia sembra procedere verso una determinata direzione, in realtà, io sia semplicemente, attardato. Fuori dalla storia, ed incapace di capirla. Non dovrebbe esistere, questo mio assillo, poiché è giusto, che la storia proceda in quella direzione.

La direzione verso cui procediamo, pare essere quella di un cambiamento climatico permanente, dalle conseguenze probabilmente disastrose per ciascuno di noi. La direzione verso cui procediamo pare essere quella di un capitale che non accetta alcuna mediazione e riduce il vivere sociale ai puri rapporti di forza, che radicalizzano le diseguaglianze materiali e culturali, tra chi ha, e chi non ha, o ha meno. La direzione verso cui procediamo pare essere quella di un progressivo restringimento degli spazi di democrazia e partecipazione, cui si accompagna una ricerca di visibilità sociale o di autoaffermazione, fatta anche di pura violenza senza finalità, o di terrorismo ammantato di radicalismo, anche religioso. La direzione verso cui procediamo pare essere quella di una sempre più evidente e potente contraddizione tra la libertà di movimento, riservata ai capitali, e il tentativo di fornire risposte, in ogni campo, rinserrandosi dentro confini nazionali ormai pressochè indifendibili. La direzione verso cui procediamo, pare essere quella di uno scontro sempre più radicale tra potenze che tentano di affermare la propria egemonia su aree sempre più ampie del pianeta, e che, tutte, hanno interesse al permanere di una Europa dilaniata da contrapposti nazionalismi ed incapace di un reale agire politico comune, a partire dai valori della propria civiltà, Illuminista anzitutto.

La direzione verso cui procediamo, pare essere quella per cui i flussi migratori delle persone – che nascono prevalentemente per effetto delle dinamiche di post colonialismo in essere che deturpano interi territori e li deprivano di risorse, e che si dirigono verso aree relativamente più pacifiche e ricche del pianeta – diventino il principale strumento di propaganda delle elités economiche, e politiche, per indurre comportamenti e orientamenti xenofobi e razzisti, in un quadro che rende possibile, proprio per la presenza entro i confini nazionali di persone più ricattabili, uno sfruttamento materiale delle persone sempre più violento.

Questo, a grandi linee, è il contesto, cui va aggiunta la pervasività sempre più capillare e radicale della comunicazione di massa via social, che ha abbattuto quasi totalmente l’autorevolezza delle fonti di informazione; che ha intaccato in profondità la fiducia nella scienza e nella razionalità umana, e che è, a sua volta, il terreno di una battaglia sempre più aspra tra potenze, che si sfidano sul terreno della Verità, e sulla costruzione di un senso comune pre-politico, fondamentale terreno sul quale innestare scelte e posizioni sempre più estreme ed intrinsecamente contraddittorie, ma quasi tutte fondate sul verbo della autoaffermazione individuale, e della risposta più facile ed accattivante possibile ad ogni problema. E siamo in attesa di ulteriori sconvolgimenti derivanti dalla massiccia introduzione nella vita quotidiana, delle applicazioni derivanti dalla cosiddetta Intelligenza Artificiale.

Permangono, in Italia e nel mondo esperienze e organizzazioni che prefigurano e praticano idee e politiche in controtendenza, ma che sono sempre più sotto attacco, spesso violento, e che, di certo, non hanno cittadinanza alcuna in tutti quei regimi teocratici e dittatoriali e autoritari, che costituiscono ormai, la forma maggioritaria di governo nel pianeta. A differenza che nel passato, ove, sia pure con grandi contraddizioni, erano presenti quasi ovunque “movimenti di liberazione”, oggi nessuna dinamica di reale contropotere, o di possibile evoluzione in senso democratico e progressista pare intravedersi nel vasto novero di paesi che non conoscono la libertà personale, e quella di genere, in particolare, e la democrazia politica.

Mi pare ce ne sia abbastanza, da questo quadro sommario, per farsi prendere da un pesante sconforto. Ma, se non si voglia cedere, se invece si voglia provare a costruire le condizioni perché il segno della storia cambi, nel nostro Paese e nel mondo, credo sia necessario provare ad individuare, sia pure sommariamente in questa sede, alcuni nodi che consentano l’inizio di una inversione di tendenza.

Oggi, occorrerebbe agire, e contemporaneamente, su due piani diversi, per provare a ricostruire un discorso pubblico decente, quando non ci sono più narrazioni, dotate di loro intima coerenza interna e capaci di innervare di sé l’interpretazione di tutta la realtà, prefigurandone sviluppi e possibilità, mentre invece impazzano narrazioni parziali, che raccolgono a sé stimoli e suggestioni tra loro incoerenti e proprie anche di parti politiche tra loro opposte, purché capaci di consentire letture superficiali ed immediate della realtà, a sua volta non più indagata, ma, semplicemente scomparsa, e sostituita da una “rappresentazione del reale”, che viene costantemente distorta per adattarla forzatamente, anche contro ogni principio logico, a queste narrazioni che, spesso, hanno origini plurime e partecipate; irrintracciabili, ma tutte concordi nel ribadire la prevalenza del maschio bianco, possibilmente ricco, di fede cristiana, eterosessuale maschilista, liberista in economia e autoritario, quando non fascista, in politica. .

Da una parte, il tentativo di ricostruire un “senso comune” trasparente ed onesto, razionale, aperto al dialogo, alla comprensione reciproca e al conflitto regolato tra punti di vista divergenti; dall’altra la pratica politica concreta di interventi radicali, anche se parziali, dai quali far emergere, una complessiva idea di mondo “altra”, ma capace di ascoltare e soddisfare i bisogni innanzitutto, e poi i diritti, di fasce sempre più ampie di cittadine e cittadini.

Credo che, prima di tutto, vada affrontato un problema, che riguarda la possibilità di comunicare e, successivamente, governare la complessità.

I concreti problemi che si presentano oggi, a chi voglia provare a governare i processi in corso, si strutturano come concatenazioni di cause/effetto, sempre più ramificate, ed intrecciate, tanto che appare quasi impossibile riuscire ad arrivare ad una causa prima e ad intervenire su di essa, producendo così una modificazione complessiva, e necessaria, della situazione in corso. La reazione a questa condizione, sempre più spesso, pare condurre alla ricerca ed indicazione del “capro espiatorio”, vale a dire cioè che, invece di affrontare un problema, per quel che è, se ne indica un colpevole, che resti sempre visibile sulla scena perché la sua presenza è in ogni caso permanente – e quindi sempre utilizzabile – quando non voluta proprio da chi in esso indica la radice di ogni male, sapendo però che neanche la sua totale eliminazione fisica produrrà in realtà cambiamenti: in molti cedono a questa tentazione semplificatoria, che sposta sempre lontano dalle reali dinamiche in corso, l’attenzione di parti crescenti della società, svolgendo però la funzione di fulcro, e lavacro contemporaneamente, delle tensioni sociali.

La consapevolezza della complessità, d’altra parte, sembra indurre impotenza, o scelta consapevole di governarne solo le conseguenze ultime in maniera meno feroce, abdicando però totalmente alla possibilità di aggredire i problemi alla loro radice.

Occorrerebbe uscire da questa dicotomia paralizzante, nella quale le forze che un tempo potevano dirsi progressiste, sempre più appaiono essere oggi pure forze conservatrici ed arretrate, anche sul piano del rapporto con la tecnologia; rivolte permanentemente ad un passato in cui certe dinamiche parevano più nette e chiare ed in cui sembrava possibile produrre alcuni reali cambiamenti materiali, ma solo perché, entro certi limiti, il capitale e i paesi dominanti erano disponibili a concedere una maggiore vivibilità alle persone, solo per scongiurare possibili dinamiche rivoluzionarie.

Sarebbe necessario scegliere alcuni specifici terreni, e nonostante le complessità che presentino, su di essi produrre elaborazioni, e concrete scelte di governo, in particolare a livello locale, che invertano totalmente il segno dei processi in corso, sia pure in modo inizialmente parziale.

Rendere davvero pubbliche e gratuite per i meritevoli, la Scuola e l’Università. Cacciare i mercanti dal tempio della Sanità Pubblica. Produrre un governo rigoroso del Territorio, nel segno della sostenibilità ecologica e climatica, e nel segno della umanizzazione e democratizzazione degli spazi urbani e periferici, a partire dall’investimento pubblico nell’edilizia sociale. Preservare paesaggi e beni artistico-culturali, combattendo radicalmente la finanziarizzazione delle città, effetto dei processi di riciclaggio del denaro della criminalità organizzata ( ed in questo quadro procedere alla totale legalizzazione e liberalizzazione delle droghe pesanti e leggere e sintetiche, unico reale strumento che consenta di combattere alla radice l’accumulazione primaria di capitale delle mafie che, ormai, attraverso questa leva, governano parti importanti di quella che crediamo essere una economia “emersa” ).

Investire sul trasporto pubblico e su politiche di decongestione anche organizzando differentemente lavoro ed orari.

Praticare, soprattutto a livello locale, concrete politiche di integrazione tra culture diverse, che diventano possibili solo quando siano soddisfatti davvero i bisogni e i diritti primari dei cittadini italiani, disinnescando per questa via ogni potenziale e reale conflitto: nidi, mense, edilizia economica e popolare, controllo del lavoro nero e di ogni forma di elusione e evasione degli obblighi contrattuali e di legge: oggi tutti questi strumenti di redistribuzione del reddito sono compressi da una intollerabile evasione fiscale e dal continuo taglio delle politiche di sostegno alle fasce più deboli della società, che mettono in concorrenza tra loro, italiani e stranieri deboli. Le politiche pubbliche di redistribuzione del reddito sono la chiave per eliminare larga parte dei conflitti razziali.

Bisogna inoltre dire con chiarezza che oggi, il problema più urgente cui porre mano, è il “lavoro povero”: le mille forme del lavoro, non solo precario, ma anche a tempo indeterminato ed autonomo, che non consentono però alcun avanzamento sociale e nessuna speranza di migliorare la propria condizione futura. Decisive qui, sono le idee concrete per una politica di sviluppo sostenibile ed innovativa, e per lo smantellamento totale di lobbies e pratiche clientelari e corporative.

Occorre un totale cambiamento di scelte nelle politiche di governo dei flussi migratori e della residenza nel nostro Paese, e in Europa, oltre che della acquisizione di nuova cittadinanza.

Canali di migrazione regolare e legale, costruiti in rapporto con gli Stati da cui le persone partano, governando le quantità su un piano europeo, e selezionando competenze e prevedendo appositi periodi formativi, anche per coloro che già risiedano in Europa, puntando a privilegiare persone che, in una certa misura conoscano e condividano valori e legislazione dei Paesi di destinazione. Ritengo che in Europa debba essere vietato il velo per le donne, e che chi non acconsenta ad una simile misura, non abbia titolo per risiedere sul suolo europeo.

Una grande opera di riequilibrio dei poteri e di trasparenza nei costi, in favore dei cittadini, nei confronti di grandi utilities ( telefoni, energia, elettricità distribuzione organizzata, assicurazioni, banche etc. ), andrebbe prodotta, anche attraverso la semplificazione dei procedimenti giudiziari e la possibilità di interpello collettivo. Così come bisognerebbe abbattere tutte le forme di uso privatistico di beni comuni, che quando siano gestiti da privati, dovrebbero riservare quote rilevanti di fatturato al mantenimento del bene pubblico e a finalità sociali.

L’acqua, non può che essere un bene pubblico indisponibile.

Puntare al riequilibrio territoriale centro/periferie e Nord/Sud, attraverso la diffusione dei servizi tecnologici, la riforma totale della Pubblica Amministrazione, e la capillarizzazione dei presidi sanitari e scolastici di primo livello, innanzi tutto.

Occorre rendere popolare la cultura, in ogni sua forma: arte in generale, musica, teatro, cinema, danza, dibattito storico e letterario: tutto deve uscire dalle accademie e riempire le piazze e andare incontro alle persone. Occorre investire in cultura e nei saperi ad essa collegati facendo in modo che le eccellenze esistenti, possano germinare anche nelle aree più lontane e neglette del Paese.

Infine, sarebbe importante non confinare l’attivismo politico al momento elettorale, o alla sola presenza sui media e sui social. La presenza politica organizzata, dovrebbe essere costante nella società, anche in forma di ascolto e discussione e organizzazione di vertenze dal basso, sia con i cittadini che, trasparentemente, con gli interessi organizzati. Per questo sarebbe fondamentale che le classi dirigenti di partiti e sindacati, fossero davvero formate da meritevoli e riconosciute o riconosciuti, e non come troppo spesso accade, da personale cooptato per mimesi e consolidamento dei consensi e dei poteri, piccoli o grandi che siano.

La costruzione, e ricostruzione di una capacità critica e di mobilitazione, individuale e collettiva, è la sola salvezza della Democrazia. Chi ne abbia a cuore le sorti, dovrebbe porsi a questo lavoro, sul piano teorico, e sul piano pratico, e non scoraggiarsi, di questi tempi grigi.

Sono molte le intelligenze e le passioni che possono essere mobilitate, se si iniziasse, ad ogni livello, come misura minima di salute pubblica, a far coincidere parole e pratiche.

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