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Storie

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Versi sparsi, e spersi.

Feb 6, 2025 | 2025, Storie

Avevo una valigia chiusa nella mia testa

dentro: ci conservavo vasche da bagno

e docce senza pareti e

odori sudati di mare.

E ci avevo piegato dentro

fragole e amarene colte appena dall’estate

e anche biscotti da dividere;

con nessuno, avevo da dividere biscotti.

C’era posto per le sirene

che m’avrebbero ingannato

fino al fondo del mare

e anche per ciottoli di pietra camminati.

L’ho perduta, quella valigia stracolma

e non la cerco più.

Ma posso viaggiare,

nei pensieri che sono solo miei

e raccogliere ancora,

i cristalli di neve tra gli aghi di alberi fitti

e nel loro cielo sciogliermi.

=======================================================================

Sto bene nel mio garage;

seduto su uno scalino sporco

a leggere le mie lacrime di musica.

Sto bene, da solo,

con una una chitarra che non ho

e col mondo che gira senza me.

Sto bene, sotto il tetto rotto

purché piova;

purché le parole mi portino luce.

Sto bene, tra carte e dolore,

a urlare la mia rabbia

alle pareti nude.

Sto bene.

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Ho visto la luce tagliare il monte

lasciandone i fianchi in ombra, e al sole

la cima nuda.

L’unico tempo che ancora posso avere.

E ho sentito il freddo scendere

dal cielo oscurato

come un pensiero felice strappato via.

Allora ho corso

lungo il ciglio d’un rivo secco

e pietroso di polvere e erba piegata

verso un’acqua lontana

che m’accolga il nuoto

e il ritorno.

=======================================================================

La sento, la voce del vento

appena oltre le pareti,

e ne immagino le carezze al mare

che s’alza di onde dolci.

Lo sento, il vento,

appena oltre il mio giorno,

portare la mia notte senza sogni, e non posso fermarlo.

La sento, la voce del vento imprimermi,

sulla pelle,

le parole che non oso scrivere,

le uniche,

che il vento non porterà con sé.

=======================================================================

Tutte queste stelle

stese nel buio,

sono qui ad aspettare

che le onde di tempo

mi scavino dentro e

mi riducano a sabbia

di castello per bimbi che giocano.

Mi piovono addosso ora

la loro luce di speranza muta

e sola, e lontana;

fili di notturna ragnatela

agli occhi, pari a notte.

Dietro la finestra

il caldo lieve di una stanza vuota

lusinga

il gelo del mio mare fondo

e sperso.

=======================================================================

Quanta fibra, si torce, e si strappa,

allo spezzare del tronco vitale d’un albero felice ?

Quanta linfa, essuda lacrime, e sangue, dalle vene,

mentre è piegato, verso terra asfissiata ?

Quanto tremore, fin nelle radici,

mentre dal cielo scompare e perde l’ombra ?

E quando ne resta un lembo, ancora non separato

che insieme tiene, ancora il vivere.

Non c’è misura,

di questo dolore.

=======================================================================

Scava la ruggine,

entro il guardamano

a protezione delle scale,

come se presentisse di più non poter

reggere il peso della salita

sulla spina alta del molo che

in terra, è di doppio tavellone spiovente

stretto tra i bordi di tufo dritto,

per lasciar scorrere il mare di maestrale, lì,

dove sempre cammino

guardando in terra,

per non scivolare e giungere

fin sulla prora della umana protezione

dalle correnti furiose

d’onde merlate, e potenti.

È stato lì

che un giorno

ho raccontato a un gabbiano il mio amore

e l’ho scritto,

tra scaglie d’antiche conchiglie e sale;

più profondo del pescaggio d’ogni nave

più accogliente d’ogni vela

più indifeso d’ogni faticato remo

e nessun vento, o sole aspro

l’ha scolorato e sperso.

Ed era lì,

ad ogni mio sguardo ancora e

ad ogni ritorno

tra i letti d’ulivo e le chiese

che lo guardano,

l’amore mio

che le supera nel tempo.

=======================================================================

Cammino, in piedi su una sedia

per rimettere la luna

dentro un mezzo mandarino,

sbucciato,

e respirare acqua fredda

che mi svegli da questa infinita notte

appesa al cielo e

su di me gravida.

Mi aspetto dolcezza,

da un giorno che non viene

ancora

e tiepidi farsi

i miei muscoli lacerati,

Cammino e vado

ad accendere ogni luce

d’agrume profumata, e

dimenticata.

=======================================================================

In silenzio, le nuvole coprono

il manto nudo del cielo

e so che luce mi sia nascosta.

È l’ultima luce che dà vita ai passi

ed è la luce che inventa

ogni preghiera.

È la luce che da forma all’ombra e

rompe, il silenzio, e ogni silenzio.

È la sola luce che posso seguire

sul mare nero e infinitamente

fondo e custode

di mille rotte mai compiute

e come gli eroi di bronzo

nel cuore ho solo

il ritorno.

E il domani nuovo.

=======================================================================

Questo compatto muro di grigio e nebbia

raschia via dal mondo colori

e lanterne,

e non si sgretola, tra le mie dita e

le tradisce,

sfuggendogli attraverso;

ad ogni tentativo d’aprire un passo

o un incontro.

Neppure soffiare, giova,

ché dal fiato n’esce grigio più ancora

di sigarette e disilluse parole

e cuore tagliato.

S’aspetta vento

che pulisca la strada

e ritrovi angoli dove nascondersi.

=======================================================================

Ho perso il conto

di quante volte non ho passeggiato con te.

E non ho mai toccato le nuvole

con te e mi sono sfuggite

mentre m’eri vicina.

Quanti errori ho fatto,

con te, cercando di non sbagliare mai.

Ho bevuto mari d’acqua

senza placare mai

di te la sete.

E non me lo ricordo

ogni volta che ho raccolto le tue parole

per imparare e senza le tue parole

non mi ricordo più nulla.

Non ho mai fatto i conti

di quante finestre hai aperto

con la tua luce.

L’ho solo respirata.

=======================================================================

Sei a metà, luna, in cielo,

come me ai margini del mare.

Non ho le scarpe,

su questi scogli nudi

di coltelli che il sale lucenta.

Non ho un cappotto

d’antica lana, che mi scaldi

contro la tramontana di pianure aggelate.

E nemmeno ho i fiori della primavera

coi loro progetti di colore

raggomitolati e soli nell’attesa.

E forse di me, non ho neanche metà di mille metà,

senza domani da scrivere.

=======================================================================

Vita, mi dai,

nel guardarti, cielo indifferente

che colmi la terra di foglie

cadute, come passi che mai più suoneranno

su strade che non cammino.

E mi dai respiro, cielo indifferente,

che mi chiudi il petto e lo stomaco

ad ogni pensiero.

Neanche chiudendo gli occhi, e

serrando le labbra, smetti di darmi luce

e solo io, so perché cammino sotto di te.

=======================================================================

Giocolieri di strade perse e

acrobati senza fili di ragnatela

camminano, in corteo,

lungo una via di periferia geometrica,

seguiti, da leonesse mansuete e

elefanti innamorati e ballerine volanti.

C’è musica,

di serenata, sotto le finestre chiuse

e le lune appese agli alberi

e tutti ballano

come se fosse

una festa di novembre.

Sulla faccia, ho lasciato

la mia nera maschera senza volto

e mi proteggo dalla notte

con un mantello buio e il tricorno.

Mi segue, la sfilata

del mio spettacolo,

che non so dedicarti.

=======================================================================

A piedi nudi

ho camminato nella terra,

zuccherata, di freddo notturno.

La vulnerabilità della pelle mia

non m’ha distolto dal cammino,

che fino alla cima dell’acqua, dove nasce,

voglio portare.

Ho la gola sgretolata, dalla sete

e nulla, pure, desidero bere

sino alla fine del silenzio

che mi taglia.

Due gazze, misere nere,

si sfioravano vicine, a capo chino,

e poi di me avvertite, in cielo,

cercarono rifugio e nel loro volare

s’aprivano i cespi dei semi bianchi stellati

delle piante povere, di prato e sparsi

cadevano, come pensieri

in cerca d’abbraccio

mentre luce rompeva scura aria

in attesa di pioggia.

Non più mi proteggo

dall’assalto del vivere.

=======================================================================

Sapore farinoso e di dolce bruciato

una castagna come un bacio morbido

e infinito.

Il calore tra le dita ne sento

ed è necessità di respiro

che illumini le stelle e

scenda la luna

fino di domani all’alba.

E il profumo di legna viva

mi permette di aggrapparmi a domani.

Domani esisterai.

Per me.

=======================================================================

Ancora un chiarore leggerissimo marca ovest,

appena dietro monti lontani

di cui non conosco strade

o nomi, o curve,

e notte scende, veloce, tra le mie pagine.

Una mano, vorrei sentire,

che prenda il mio silenzio e

lo muti

in ascolto, del tremore degli alberi

e del candore degli occhi.

E invece annotta,

come un catrame che coli s’una finestra

e mi chiuda

dentro una terra fredda.

Per questo,

m’aggrappo al cuore

che mi darà un’alba.

=======================================================================

Dovrebbe ricordarsi, questo tempo futuro,

per come s’era immaginato,

anche quando non se ne riconosca il volto.

Può essersi solo nudi, al freddo

e svagati,

senza più per sé interesse

eppure ancora coi piedi,

in terra senza cicatrici.

Devesi guardare il cielo,

di traverso dai semi pronti a volare

di un’erba tenace

e guardare i suoi fiori crescere

anche mentre s’aspetta la pioggia

che righi il volto riflesso,

sfumato,

nel vetro d’una finestra chiusa e buia.

=======================================================================

A te notte, direi.

Lasciami dormire.

Dammi un abbaiare di cane lontano

e il vento delle foglie inquiete d’un albero.

Dammi le luci veloci di fari altrove,

che striscino il muro, riconoscendolo.

Dammi le pagine di un libro

scritto per la donna che s’ama e

dammi notte una mano

sulla mia pelle nuda.

E ti direi notte,

di chiudermi gli occhi

sinché non hai un giorno nuovo

da regalarmi.

=======================================================================

Ci fossero fiori blu, adesso,

tra le dita, ti crescerebbero

sulla pietra anche e

a notte, s’aprirebbero,

come lucciole che scrivono

tenue e unica luce.

Ci fossero frutti dolci ora,

sugli alberi nudi,

tra le dita, ti lascerebbero

sapore sacro di infinita stagione

d’amore e colorerebbero

ogni grigio giorno d’inverno.

Ora fiorisci tu

e basti per tutto.

=======================================================================

S’impolverano gli occhi

in questo cielo senza luce

e s’accendono, per annaspare

in cerca di ricovero.

Le mani scansano

gli strappi d’un sipario

che non vuole aprirsi

della propria felicità, timoroso.

Dall’ombra, può essersi tratti

solo chiudendo, oltre gli specchi,

il senso di colpa, d’esser vivi

ancora e piacere desiderare.

=======================================================================

Il primo grido d’uomo,

appena in luce,

di gioia, doveva essere,

e di dolore che brucia il respiro.

Le mani cercano eterno amore

e le gambe annaspano

senza terra

da percorrere insieme.

Nudo e sanguinante

come un fuoco che cerca legna e colori

per dipingere un mondo

inventato da noi

e spegnere mai.

Sarà eguale,

l’ultimo, perché mai

finisce la fame

di terreno amore.

=======================================================================

Sanato

resto ombra

sotto queste nuvole ostili

che mi privano del sole mio.

E mi divincolo allora,

da ogni macchia e cenere

del mio sangue e respiro

il dolore persino

e vado avanti

come erba tenace tra mura.

T’avro’ negli occhi

ancora sole mio.

E avrò primavera.

=======================================================================

Ho un altro giorno di tempo

per il sole dei miei occhi

di papavero e

un altro giorno di tempo mi è dato

per raccogliere parole

sotto il cielo di una luna calante.

Ho un giorno ancora,

per ascoltare storie di vento

che mi scaldino il fuoco e

posso avere un altro giorno

per pensare a te.

E non esiste più, il tempo.

=======================================================================

Trafigge la nebbia

con mille aghi d’assenza.

Un passero cerca sotto un ramo

il calore del proprio cuore

che batte e non vola

senza un sole

che restituisca

colori agli occhi chiusi.

Aspetta si sollevi il velo

che snuda alberi neri

e porti per mano

i saltelli di danza piccoli

alla gioia attesa

come un intoccabile confine di mare.

=======================================================================

La tonda lama di luna sorgente

ricorda al buio che c’è luce

oltre il deserto del silenzio vuoto

e persino lascia stelle

a tremare lontano,

ma ascoltabili, le loro storie

di tempi profondi e inauditi

e meno solo

è il cuore mio scalzo.

=======================================================================

Sentire il mare desidero;

il suo fragore celeste di burrasca

libera, che mi faccia i pensieri nuotare

senza timore di gorghi

e rocce nere

ed empia,

il vuoto delle braccia mie asciutte.

E non desidero

restare protetto a riva.

Portato via,

come un’alga strappata dal fondo

e lasciata sulla rena

per i giochi d’un bimbo.

=======================================================================

Per chiarirmi

questa mia notte cieca,

ho cercato la luna,

e ho potuto scorgerla,

velata di nubi ventose

veloci e stringenti.

Notturna farfalla

avrei voluto essere,

per traversare il freddo e

seguire la luce.

E m’hanno tagliato le ali

e solo i miei occhi,

volano.

=======================================================================

Ho visto corrermi nel cuore,

il sangue, e mandare lampi di lava rossa,

e di celeste cielo

e gialle lacrime e

nero d’assenza mentre

oltre la finestra la città scorre

disordinata magari felice,

da me lontana.

E il sangue mio ho visto poi

annuvolare la luna

che ad un angolo

m’ha dato appuntamento

per farmi nascere

senza tagliare

di umano tremante

il cordone che ancora respiro.

=======================================================================

Io lo so

che le mie parole cadono

sulla sabbia di mare e

restano, da nessuno ascoltate,

tra morti gusci e pietra erosa.

So, che sono silenzio

le mie parole senza vento

e onde, e si fermano,

prima ancora delle sbarre

di una finestra chiusa.

Mi intestardisco a dire

per non sentirmi

sommerso

e muto, come se la mia rivolta

voce avesse, o senso.

Io so,

che solo me aspetta,

il fondo del mare scuro

per questo nuoto

e ancora nuoto

finché io non abbia più

paura, del silenzio che abito.

=======================================================================

Di alberi sradicati

ha odore la mia attesa

fuori le rotaie, appena,

d’ogni volo che mi viaggia oltre.

Le vene strappate dei miei rami

sono a terra

in attesa che siano raccolte

e perse, mai più.

Verrà l’erba alta gialla del grano

e i rossi papaveri

a colorare il cielo

e non ci sarà direzione nell’andare

se non verso ogni mancato appuntamento.

=======================================================================

Vorrei dirti,

che ho solo bisogno di altro tempo

perché non mi sono accorto,

ch’ero vivo.

Perché vorrei

mettere i piedi in una pozzanghera nuda

e specchiarmi nel mio cielo di periferia

illuminata.

Altri giorni e ore e anni

per sentire il cuore correre

e placarsi

sotto una luna disegnata.

Vorrei dirti,

che altro tempo nuovo

ho nel sangue rimasto,

da voler impastare

nuovi grani, e semi

di marzo caldo.

=======================================================================

Ero in basso

lungo la strada senza immaginazione

e, tra le mura d’ospedale e gli specchi,

t’ho persa,

luna di dicembre,

calda

come una vecchia foto d’innamorati uniti.

Lievi scintille di braci lontane

rade, sguardavano la sera assente,

e m’ardevano dentro,

senza mai diventare cenere,

per quanto ti cercassi nel vento

luna

che non tramonti mai e

fai volare le montagne.

Camminavo

un tempo senza memoria,

per trovarti luna,

sperso,

e t’avevo nel cuore.

=======================================================================

Guardalo

il grumo tuo di dolore e colpa

confitto nella terra come un puntello,

stringe la chiesa ferita dei tuoi pensieri

e il legno corroso accosto alla pietra

diviene groviglio.

Finisce col dimenticare la luce

che filtra dalle assi e dalle sdruciture

dei muri oppressi.

Scompare

il luogo della preghiera,

ma tu guardalo

perché il grumo si scioglie se

t’accorgi di quanto buono in te

resta nascosto

perché non sei quel grumo aspro

ma il celeste che hai in petto.

Crolla, l’impalcatura fradicia

messa lì a impedire il respiro,

che sanare il dolore merita.

E non è colpa essere vivi

né mai lo è stata

per gli scampati alle scosse del sisma

serpente indifferente.

Ancora poter camminare permette

d’onorare il perduto e inventare il nuovo.

Solo scoprire nuove lune

alimenta i fiori di prato

c’hanno i colori della memoria,

e il calore d’una vita che cresce,

anche sul bordo d’un parcheggio

perché il nascere sia sempre, e sempre

ha diritto di nascere la libertà che abbiamo.

La libertà è errore

e dell’errore ponte, verso verità

più nude e brucianti.

Vive, il cuore,

libero sotto il tuo grumo,

che sciogliere non è colpa.

=======================================================================

Mi brucio

e mi sgraffio e

ho i lividi, e i miei muscoli

sono innervati di dolore stradale.

E scelgo, di farmi quanto più

male posso

per annegare di dolore

il dolore.

Nessuno sa

quanto vetroso sia

rampicarmi sui muri di cinzione

e rubare sguardi al cielo.

=======================================================================

Aspetto che il vento riparta

e mi scuota le gambe

e le illusioni mie

porti via,

come una mano

che spazzi via tutto

dal tavolo di colazione.

Aspetto il rumore del vento

che incontri il mio vuoto silenzio

e lo traversi scuotendone

la solitudine violenta.

Apro le braccia

al vento buio,

che mi porti via,

al modo di un ramo strappato,

e mi perda

e che si perda

quel niente che sono.

=======================================================================

Brucia, nella bocca

ogni singolo respiro

e non ho voce

che sappia chiedere aiuto

e quanto vuoto

m’innerva le braccia

e le mani nude,

e senza sonno

e senza amore

mi verso acqua sugli occhi

accesi, che tentano il buio.

Ora so

che non avrò alba.

=======================================================================

Questo sole

indifferente al mio respiro affannato

non mi scalda,

del freddo della notte e

non mi restituisce

la mia faccia nello specchio

che guardo piegata

mentre cade,

il mondo e nessuno lo salva.

Dei raggi celesti

non posso avere nulla

solo l’immobilità ignota.

Ti prego

di darmi giorno, e domani,

io ti prego.

=======================================================================

Sono le lacrime,

a separarmi dalla pioggia.

Quella batte continua, e potente,

sulle tegole che mi proteggono;

le lacrime scivolano lente

nei solchi delle mie rughe e

bruciano gli occhi che,

a notte, non possono guardare.

Non mi respirano le lacrime

mentre l’acqua di cielo apre fiumi

e scava strade che vanno al mare.

La gola mi stringe la sete,

e ogni goccia, vorrei contare,

per arrivare vicino a comprendere

il peso del dolore.

=======================================================================

Cielo

quanto bisogno hai, d’una qualsiasi luna e

quante spiagge lasci da te cadere,

e per ogni grano di sabbia t’amerei

come mai t’hanno amato

perché sentirmi il cuore battere

è come guardare un cavallo

libero che corre per ogni

immaginata strada

e mio cielo,

quanto dolore mi dà il tuo freddo indifferente

e di inesausta alba l’attesa,

senza respiro.

Non ho niente, cielo,

e quanta voglia ho

d’essere niente

purché tra le nuvole delle braccia tue

aperte

a me solo.

Non riesco più a camminare

perché mi hai schiacciato, cielo.

Almeno salva me.

=======================================================================

Su un ramo invernale

un pettirosso

guardava arrivare il tramonto;

in petto aveva il colore del sangue mio,

come le nuvole ad occidente e

immaginava la prossima alba

di primavera dolce

mentre il freddo

spegneva le luci dei lampioni

e raspava la terra

fino alle radici di pietra dura

e silenzio soffocante.

Non c’era rifugio al buio;

nemmeno il desiderio di non essere solo.

=======================================================================

Ho perso la strada

e di nascosto a capo basso

lo scopro

e di me ho vergogna

e dentro un quaderno,

con la copertina nera,

ricordo ogni mattina

senza tramonto per me.

E neppure posso

dire la verità su me

e sul dolore

che infinito mi sanguina,

perché neppure ombra

sono e non sposto foglie camminando

e nessuno si volta a guardarmi.

La strada mi ha perso

e mi appresto alla notte.

=======================================================================

Ogni onda di mare ascolto

lasciare sulla rena

scintille di luna calante

che addolciscono la tramontana secca

di spuma lontana e gabbiani

e bottiglie piene di luce

e preghiere d’aiuto.

Sulla pelle m’incidono a sangue

d’una farfalla le ali

perfette

come il seno desiderato

e non mi brucia

il loro sale di neve

ch’empie gli scogli trafitti.

Sono lacrime

d’acqua innamorata

che si sperde stanotte

e chiedo solo

di non più sanguinare ancora,

in una stanza di pena

senza più vele al vento.

=======================================================================

Come si scioglie tra le dita,

la cioccolata,

per un calore imprevisto del sangue,

così le mie ginocchia al tuo nome.

Sento il profumo pulito di vaniglia,

bianca,

che ha dolcezza del sole

e mi sgocciola addosso,

tornandomi bambino frettoloso

e colpevole.

Ma non c’è peccato

nel desiderare dolcezza

proprio mentre s’è snudata la pelle e

soffre,

ogni paura e ogni incanto.

Un passero apre un’ala a protezione

del sogno di un nido.

=======================================================================

Con una vecchia spina,

bucata, di pesce grande,

e un rotolo di rafia gialla,

ho preso a ricucire il mare.

Insieme volevo fermare le onde,

e tra loro unirle,

perché s’alzassero a mareggiata

potente

e mi sommergessero tutto quanto sono.

Ma m’è sfuggita, la trama dell’acqua

e ho solo potuto capire

dei miei sogni

ogni sbaglio.

=======================================================================

Al mare, mi sono accostato oggi

senz’osare guardarlo

e neppure avvicinarmi.

Col capo chino alla sua immensa luce

di cielo terrestre,

timoroso,

di turbarne il rinascere delle onde.

Eppure avrei voluto

sommergermi del suo dolce muoversi infinito

e toccarne il fondale e imparare

il suo respiro e i passi.

Avrei voluto ascoltarne la musica

e le parole e i singhiozzi.

Era in ginocchio, la mia anima,

davanti al mare.

=======================================================================

Vorrei cercarti

per spostare i sassi dalla strada

e sedere poi insieme,

sotto un albero, appena un tempo prima

che fiorisca.

E sempre ti cercherei,

per aprire le porte alla luna

e insieme guardare oltre il mare.

E di cercarti, smetterei,

se liberarmi potessi d’ogni pensiero mio,

che cercarti vorrebbe ad ogni angolo,

e ali non ha abbastanza.

=======================================================================

Oscilla, la notte che affonda il sole

oltre mari che non posso accendere

e tira ogni mia corda al vuoto,

anche quando m’aggrappo

ad esili fili di luce stellata.

Accenderei fuochi

col mio sangue sfuggito e

le mani, terrei aperte

anche alle ragioni che non conosco.

Ma la luce è scesa alle radici

e io posso solo sfiorare

i rami cupi

fin quando da gemme trafitti.

=======================================================================

È come me sospeso, il cielo

incerto, se dal vento trarre acqua

e neve, oppure

tenermi addosso il gelo del vuoto

mio e restare asciutto, di lacrime

deserto e secco.

Tenta il sole d’aprire luce

e non riesce

e ad ogni suo tentativo risponde

un cane nero che mi spaura

d’assenza.

Si chiude, sulle cime dei monti,

l’oscillare fioco dei rami aperti,

senza abbraccio e calore

a rispondere

e scivola il giorno

in un silenzio ronzante

che solo attende

un’altra notte.

=======================================================================

Riparami dal freddo

crescimi intorno e ricoprimi

allarga le tue braccia,

contro il sole e il vento,

portami via dalla pioggia e

nutrimi

e scopri, che io esista,

perché mi immagini.

=======================================================================

Di tutti i frutti restati sull’albero,

d’uno solo sentivo il profumo:

era una goccia di velluto

volata dall’ali d’una farfalla

e caduta su una gemma di zucchero verde.

D’uno solo guardavo la pelle

ch’era ancora fiore

per restarne le dita impregnate

e felici.

D’uno solo carezzavo le foglie intorno

ricoperte di cielo e vento.

Era il solo frutto a me lontano.

=======================================================================

Ero piegato sulla luna

di una pozza in terra,

e la guardavo galleggiare

sui miei pensieri caduti.

Ondeggiava dolce, col vento,

e aveva luce sull’asfalto stanco, intorno,

come se una polvere di sorrisi antichi

ritrovasse parole e dialogo

e compagnia e aiuto.

Le ruote di un’auto

l’hanno fatta tramontare,

schizzandomela sulle dita,

aperte ancora,

per sfiorarla,

e viaggiare dentro le sue maree

e vincere della notte, la fame di grigio buio.

=======================================================================

Mi sento tanto buio

oltre la finestra

e non c’è ombra di fari

che m’illumini

mentre cado

senza arrivare mai

al cielo.

E sento anche il freddo

delle parole perse

che gelano,

i ciclamini dimenticati.

Per questo,

apro i vetri e m’empio

della musica che mi resta

e so

che resisto.

=======================================================================

Nascondimi il buio in me

e dammi vento

che porti i semi

in una terra da fiorire.

E dai luce

alla mia ombra anche

che m’avverte

del mio tremare.

E apri le mie mani al volo

che solo tra le tue

il cielo può vincere

e la terra pesante

Di darmi voce

ti prego

per imparare dalla tua.

=======================================================================

Camminare vorrei

sporgendomi da un monte

e lasciando,

che siano le nuvole

a trattenermi dal rovinare.

Un vapore di leggero sogno

e colori

che mi restituisca il cuore

che altrove batte.

E camminare vorrei

sentendomi tenuto

per mano.

=======================================================================

Lo chiederei, alla notte, persino,

di portarmi per mano

sino al letto dei fiori e dell’acqua;

lo chiederei, alla notte,

di farmi visitare da parole di mare.

Ma nessuna risposta, mi aspetto.

Nulla che dal tetto mi porti

una luce di luna radente,

sugli alberi, e sul mio respiro rotto;

nulla, che mi dia calore alle labbra

e nulla che rompa il velo

sui miei occhi calato.

Eppure chiederei.

=======================================================================

È facile, chiudere gli occhi

e col sonno murare i mari di memoria

e giocarsi la sorte che non saranno sogni

ad afferrare il tarassaco nel vento.

È facile ancora rannicchiarsi

e farsi di coperte scudo al buio

e abituarsi, al proprio respiro

di paura tisico, e vetroso.

Ed è facile infine rassegnarsi

a cogliere i lumi spenti di luce

e per essi conoscere un mondo nero

che da soli s’attraversa ciechi.

E di tutto quello che è facile

quasi nulla, riconosco mio.

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Era solo una macchia d’inchiostro

su un muro scrostato

d’una parete monca e senza finestre;

un’ ombra sfrangiata

come un riflesso d’ali di farfalla

in una pozza di neve scaldata.

Ma aveva il sogno grande d’una luce

che gli cancellasse il buio dintorno

e la staccasse dalla pietra

per farla camminare su un’erba

già di primavera.

E anche senza mai un sole

d’aspettare

non cessava, per una sola foglia di tempo,

perché anche la sola attesa

pareva colore.

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M’ha portato via il giorno

questa sera acida.

E non ho la cenere d’un fuoco,

per cercare la luna

e per sentirmi i pensieri

come polvere di vento

scorrere via col tempo.

Ad occhi chiusi

tocco le vene del legno

e ne sento l’inverno che

luce mi toglie

e non ha sapore il buio.

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Ho diciassette secondi

per raccogliere i miei passi andati

e ordinarli,

in una abbandonata cava di tufo

che ancora racconta

il mare che era e l’ombra

di conchiglie senza più colore

e guardarli,

inutili passi in tondo

senza più direzione.

Li conto

mentre veloci girano

e si sperdono

i miei granelli di unico tempo

sbriciolati, tra le dita,

calpestati,

come una strada che non percorro più.

E mi restano però nel sangue,

marchiato a fuoco.

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Vorrei conoscere lingue straniere

per dire verità solo mie

e non disturbare

ordinati pensieri rassegnati.

Mi basterebbe, graffiare l’aria

e alimentare braci

di rosso notturno.

Non ci sarebbero comunque,

passi sullo zerbino

e nessuno ascolta

le mie parole di nebbia

e delle mie braccia il caldo.

Vorrei solo saper tirare sassi al cielo

e dimenticare le bugie.

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Volevo nascondermi

al rumore dei gatti innamorati

e del mare che cerca la luna.

Volevo scomparire

dagli occhi del vento

e dagli specchi.

Volevo correre

oltre il muro intorno alla città

oltre le pareti delle mie ferite.

Ma non ho trovato riparo

dalle mie preghiere di attenzione

dal mio bisogno d’essere accolto.

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Come un tronco tagliato

stanno le mie parole mute.

Abbattute tra sassi spersi e

foglie d’altra stagione.

Ne resta una corteccia secca

aspra e senza carezze,

bruciata,

prima ancora del fuoco,

e i rami estirpati ancora al cielo

pregano,

senza risposta.

Forse un vento

le semina,

forse in una feconda terra,

forse mai.

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