I passeri, ho visto andar via,
contro il cielo al tramonto,
grigio caldo e sabbia,
al modo di freccia alata
e nera da parere senza colore
come se una mano s’alzasse
in mio saluto
e non potessi io rispondere,
sperso nell’ombra della notte mia,
senza colore, ancora, e raggrumata
di quotidiana sofferenza acutissima.
Ho volto gli occhi
ad un cespo fiorito,
di ginestra e oro
per farmi carezzare da madre potente.
E s’è lenito il timore
d’essere rimasto senza volo
contro un cielo verde e petali e pioggia
e di colori più non avere,
che un rosso di cuore mi resta.
================================================================
Era solo un sasso,
arradicato in terra alla cresta d’una cima e
forse una farfalla, l’ha scosso,
sgusciandolo, di sua erbosa protezione e
l’ha scosceso, tremandolo,
come un freddo segreto e
a cadere, ha preso, lento, in principio
e grave, sempre più,
spinto dal vento che a notte scende
indifferente alla luce,
contro pietre grandi altre, ignare,
ferme nel loro tempo spento e
vive, ora, incrociando spigoli taglienti
e polvere di marmo, e precipitanti
senz’ordine che non fosse il cadere
rovinoso, più, e più ancora,
a spezzare fiori, attese, e sogni,
e legno vivo d’albero,
tutto macinando, della forza
di invincibile male che temo.
Silenzio arriva,
silenzio che non voglio e
non tremo.
Io respiro, la ribellione a franarmi,
che mi travolga, la discesa del monte.
Mi troverà erto, fino alle nuvole.
============================================================
Mi copre,
lo spezzettume di nuvole, d’acqua empie,
e mi toglie la vertigine del cielo
azzurro finalmente.
Gli occhi ne sentono il sapore pacifico
tra gli strappi di mari lontani
venuti fino a noi ad osservarci,
increduli
del nostro rifiuto ad amare.
Nel cielo,
ogni movimento e respiro,
insieme si lega
di un ballo avvinto, potente,
e musicale.
Sulla terra nuda,
restiamo aspri d’amare,
e così,
il nostro tempo inventato
ci consuma senza scopo.
===============================================================
Brucia
strada. Lascia al cielo nebbia
senza sorte alcuna
e grida, alle finestre chiuse e
grida, quando tieni la testa bassa.
Non finire strada,mai
e dammi la rabbia di non morire,
non sotto la pioggia,
che sempre ho amato
le sue righe da disegnare sui vetri;
sotto il sole se vuoi
perché mi dorma il caldo e le farfalle
distratte, da un fiore,
mentre smetto di ascoltare.
Bruciami strada
che voglio ferirmi
e addosso vedere
i segni del cammino.
==================================================================
Mi cerco un’ombra d’albero
che sia tregua a questa luce bruciante
e un respiro mi permetta,
guardato negli occhi tuoi.
Cammino senza far battere il cuore
che aspetta, sia colmato il vuoto
colato sull’asfalto
come una cera di preghiera,
in ginocchio.
E mi fermo
senza requie trovare
scosso, dal silenzio sparso,
tra le erbe alte e polverose.
=================================================================
Di farfalle, il volo svagato,
guardo, tra l’ombra strappata
delle foglie d’un albero trapassato
dal cielo.
Che si cela, nello scuro e
balena, a luce.
Ed è una musica di grazia alata
saltellante,
come un piede di donna insegua
il dorso liscio di pietre in torrente,
per non bagnarsi.
Raccoglie le ali, su uno stelo
tremante di vento e si ferma
e vorrei restasse lì,
fino alla mia notte,
ad imprimere colori taglienti
sulla pelle mia.
====================================================================
Ho remato
coi piedi nudi sul legno
e piegato
per spingere il mare schiumoso
dietro la poppa e
sentirmi le onde salire
col tempo del cuore
senza più rotta ora.
C’era un albero maestro
di legno venoso e brunito,
alto, poggiato d’un canto,
senza più vento a spezzarlo
e senza salsedine più e mani
e lo guardavo, e toccavo
come un relitto di naufragio
cresciuto nella sabbia.
Sono più povero
ora a remare
e ad aspettare il silenzio
per ascoltare le voci
di passati odori di vita.
=======================================================================
Una vecchia processione
di oggetti e ricordi,
come un albero tagliato
nel suo nascere, cammina
tra gli spini e i petali filiformi viola
di una piantaccia alta
e suona, una musica di uccelli spersi
al tramonto, mentre il vento del giorno
appena sfiora le foglie
degli alberi carichi di prossime mele.
Mi nasconde il racconto
di antica dolcezza
in questo presente di silenzio, saturo.
Dalle candele accese,
mi sgocciola il cuore.
=====================================================================
Sono lontano da me
interi universi senza protezione
e di pensieri già visti sono stanco
e delle umiliazioni.
Non ho preghiere
e da alzare al cielo
non ho mani.
Eppure ascolto il vento caldo
corrermi addosso
mentre ancora sono
e ne immagino provenire il soffio
da mercati lontani e tende
e fuochi a notte
e chiedo pace.
Solo pace.
=======================================================================
Vicino vorrei
un’ape, che mi racconti i fiori
e anche un fiore,
che mi spiegi il vento.
E vorrei, a me vicino,
quella luna quasi piena
che vola tra sogni innamorati.
E essere vicino io vorrei
ad un orologio spento
fermo all’ora in cui
vieni a prendermi per mano.
=======================================================================
Tutto pare aver ragione
tranne i pensieri miei
allacciati alle mie scarpe d’inverno
e rimasti nella terra dura
di un bar chiuso.
Tutto pare aver direzione
tranne i pensieri miei
caduti nelle mani sbagliate
lasciati a penzolare in cielo
come una luna inutile.
E tutto pare aver giustificazione
tranne i pensieri miei
umiliati dal silenzio
e dalla sera stanca e abitudinaria.
Per questo, mi tengo i pensieri miei
come onde feroci;
all’acqua, non si può far male.
=======================================================================
Il sole hanno interrotto,
per un istante, le nuvole.
Allora ho visto dentro la fragilità
di fili d’erba e sassi;
ho sentito dei fiori il ronzare
e il vento alzarsi libero.
Lo stesso mio respiro
beveva aria di cani felici
e cerve leggere
e si placava, la paura
sorta ai piedi delle macerie
di ogni mio muro, che
voglio aprire di porte,
all’ombra,
e alla luce di un sole più clemente.
=======================================================================
Io, non sento la terra
quando cammini, e spezzi le nuvole, e
neppure il cuore, mi sento
quando m’oltrepassi
e lasci il vento a cercare
polvere
da portar via che
m’entri nelle vene e le fermi.
Sento solo il tuo celeste
di cielo nudo,
e non sono sulla tua pelle.
=======================================================================
Apro una finestra e
la notte, lascio entrare,
mentre spande i suoi rumori
senza volto e direzione.
Non ho lenzuola a proteggermi
e ho freddo
e gli occhi lacrimano
senza strade da riconoscere.
Mi siedo, ad aspettare il giorno
un giorno che sia luce
per me.
=======================================================================
Ho gli occhi a domani, già,
ma solo per non avere notte.
Per ritrovare il cielo dentro un bicchiere
e bere le mie attese nuvolose.
Per guardare la mia pelle
spaccarsi come arsa terra stretta
e cuore sospeso.
Vorrei non dormire
e chiudere gli occhi mai
né svegliarmi
impaurito all’orizzonte della mia finestra.
Una sola scheggia di sole
m’illude il respiro.
======================================================================
Asciugami di te l’arsura.
Ti aspetto dove la terra cresce nuvole
e ti cerco, quando il sole
mi sorge tra le mani.
E so che sei
sul confine di una porta chiusa
prima di entrare
nelle parole che ascolto.
Sono un mare che allarga a te le braccia
e nuota, sino alla fine del giorno.
=====================================================================
Poca, tra le dita,
m’è rimasta di sabbia;
del mio scavare di ragazzo.
L’ho lavata via,
per sembrare uomo,
per non ritrovarmi,
veduto,
con le unghie nere di giochi,
che dimenticare, avrei ben fatto.
M’ha disegnato la pelle, quella sabbia,
e ogni tesoro che ho toccato, ritrovo,
ogni conchiglia e ogni illusione,
se le mani mi guardo.
Anche quando arrese,
e vuote.
=======================================================================
Tra i muri di pietre
aggrappati all’erbe alte,
ritrovo la follia mia
di voler scalare il sole.
Senz’ali, solo, coi pensieri poveri miei,
e col battito veloce del mio respiro e
con le mie mani,
troppo tenui, alle balze dei sogni
ancora miei.
Nulla più recintano e fermano,
tra gli alberi e i boschi
come nulla più posso abbracciare
mentre ogni giorno
di andare, smetto.
===================================================================
Tempo arriva
che io divento nulla
mentre sono,
un ramo tagliato d’albero
troppo lacrimante ancora
per essere bruciato.
Di me è rimasta una scorza
nuda, non ancora scurita,
dall’unico sole che conosco.
Pende,
dal tronco sciancato, appena prima
di sbriciolarsi ai tarli,
e polvere essere,
come un vecchio cassetto
mai più aperto.
Mi basta,
sparire.
E nulla, mi basta più.
======================================================================
Di questa notte bruciata
non ho nessuna paura
nella mia bocca amara.
Sul muro scrostato
è disegnata la geografia
dei miei profanati sogni
e non fa ombra
ma solo polvere sgretolata
come stelle d’incenso e fiori.
Il silenzio è un cordame ruvido
che mi lega la pelle
e la taglia
fino alle vene esposte
e m’arde,
il suo sospeso scendere.
M’arrampico allora
su un vuoto albero di fico
e aspetto che addosso,
mi cada un’alba.
====================================================================
Segno le mie crepe col dito
alla luna che cresce
sulle campagne amare
e ballo col suono del mio cuore
strappato.
Di star quieto
non so le strade
e di bruciare a notte
ho per me cura.
Tranciante il tempo
senza merito
non m’ha piegato.
Desidero e sono
e non ho casa da tornare.
=============================================================
Corri vento caldo
portami con te
e spargimi, dove lei cammina.
Che mi lasci addosso le sue impronte
come parole attese,
come una vecchia elica di nave ferrosa,
in fondo al mare sospesa,
che ancora voglia navigare
pure in disarmo,
fino al calare dell’orizzonte.
E bruciami libeccio di deserto
che le mie scintille
le rischiarino la notte,
e la proteggano dal buio.
Le palme lontane appena si muovono
sotto il cielo senza nuvole
e crescano i loro frutti
mai dolci, quanto le sue labbra
che finalmente mi sorridano.
======================================================================
Di me hanno bisogno le mie lacrime
e di me hanno bisogno le mie mani aperte.
Di me, hanno bisogno i miei occhi
che cercano nel buio.
E di me, ha bisogno il mio cuore veloce
che si ferma,
quando impara la notte.
Di me hanno bisogno
i miei passi incerti
e il dolore, dei muscoli.
Di me, han bisogno
le parole che lascio al cielo.
Io, ho bisogno di te.
=======================================================================
Tra i rami il verde lo sento
e il vento mi tenta
a seminare acqua
come fossi nuvola di temporale
che vola senz’ala.
Siedo, in ombra calda,
e disegno, carezzando con le mani,
la luce piena tra le foglie,
il sorriso che avevi
certe mattine all’alba
quando un angelo teneva il sole sveglio
perché io potessi vedere
quanto più del giorno splendevi.
Corro via
e cerco la porta che hai aperto e sai,
nessuno m’aspetta
e il buio mi abbraccia.
=======================================================================
Mi piace
non essere un tramonto
che da’ sangue al cielo dietro l’ombrato monte.
E mi piace
non essere la notte
inventata dal canto d’amore delle cicale.
Ancor più mi piace
non essere una carezza
sulla scorza d’albero forte.
Più di tutto,
mi piace essere niente
e non voler finire.
=======================================================================
Ho sentito la notte svegliarsi
camminava leggera sugli aghi di pino
secchi e taglienti
senza ferirsi.
Andava ad alzare il cielo al giorno
in ginocchio, dichiarando il suo amore,
al sole che l’avrebbe cancellata.
Lasciava sparsi sogni sospesi
cacciati via dal rauco canto d’un gallo,
dal guaire d’un cane abbandonato,
mentre un bambino incerto
ancora cercava una mano da tenere.
Posso anche oggi aspettare parole
e guardarmi il cuore andar via.
=====================================================================
Annegare desidero, nel mattino,
che m’allontani la notte, dalla gola,
che mi faccia distruggere
tutto quello che ho intorno.
Affondare desidero, nell’alba
rivoltosa, e rompere ogni specchio
per me dimenticarmi.
Riaprire il mare, desidero,
respirare acqua salata e scogli
e ferirmi.
Per vedere il mio sangue sperdersi,
tra le onde.
======================================================================
Mi nascondo
ai tuoi occhi, al tuo ridere,
al sole che suona musiche tristi
al buio che si riempie di ferrose cicale,
mi nascondo,
alla mano premuta sulla bocca
per non urlare e
morsa, sino al sangue,
mi nascondo,
al calore osceno della terra
e mi nascondo alla luna
che separa le nuvole
e non alza più maree.
A me, non mi nascondo.
Io mi so.
E so, domani. Io lo so.
Anche se me lo nascondo.
=====================================================================
Stretta la strada
tra il rosso del tramonto cadente
e l’ombra danzante d’una campana
che nel vento prega
la notte di difendermi
prima ch’io cada,
da questo silenzio mai sazio,
tra alberi e vuote terre.
Mai visto, ci cammino,
mani in tasca,
vuoti i sogni
e sgraziato.
Come uno specchio
puntato su un prato libero,
e disordinato.
===================================================================
Di andare, mi hai detto,
fino alla fine del mare
perché forse sei lì, ad attendermi.
Ho alzato la vela
all’assenza di vento e remato
sulle correnti contrarie e
ho buttato via l’ancora
per fermarmi mai.
Ad ogni orizzonte
una nuova lontana riga nera ardeva
sui miei occhi senza sonno
e mi spingevo, ancora oltre.
Senz’acqua o cibo
nutrendomi della prossima onda
alle spalle lasciata
perdersi nella sabbia senza parole.
Non ho guardato porto, o ansa
e nemmeno stelle del ritorno.
Io so che il mare finisce
e poi c’è solo un letto d’ulivo.
=======================================================================
Di non respirare mi accorgo
mentre maturano le mele
che raccogliere non posso.
I rami oltre un muro di cinta
i frutti gialli, alti,
rubano cielo al sole.
Piano, s’addensa pioggia incerta
e il mio orologio non porta a sera;
quanta polvere, ho addosso,
quanto tempo di farfalla, scomparso.
======================================================================
Era basso, il muretto
che dal vuoto mi tratteneva;
roso, da salsedine e pioggia,
e tramontana fresca e muschi gialli
seccati da infinite estati e
di volare, fino ad uno spicchio di mare
mi fermava, ma
potevo vederla, la schiuma di burrasca
e anche lunghe, le onde,
sino alla spiaggia
delle sorgive d’acqua dolce e fredda
ad ogni estate,
mentre m’aggrappavo per scivolare mai
e tra le dita mi restavano
briciole di tufo sabbioso acuminato.
Come sarebbe stato,
cadere libero,
sino al marciapiede di terra,
chiedevo alle ombre mie,
e m’allontanavo dal precipite
per non rispondermi.
Giocare m’era consentito,
protetto, e chiuso, da quel muro.
=================================================================
Coloro la sera
di abbracci sfiorati
e delle nuvole il respiro,
e la lascio sospesa
sulla punta tagliente di un pino.
Diverrà notte
e avrà le braccia mie
aperte
alla paura smarrita, e all’acqua
che schiara le lacrime.
E ancora sarà mattino,
senza me;
rimasto al buio,
che arriva,
pregandolo d’essere luce.
====================================================================
Buio non c’è, più secco
della mia bocca
senza parole
da ascoltare e senza
pareti che mi proteggano
dal freddo,
del sangue mio senza colore.
E neppure luce, cerco,
che non mi spetta
e non sono io
che buie, ho le mani.
Oltre la finestra,
il mondo è dei lampioni
e di fari taglienti
ma non mio.
C’è solo di vivo
il cuore disordinato mio,
aggrappato
ad un albero da fulmine tagliato.
Solo modo,
di sentir battere la linfa.
==================================================================
Desidero non restare prigioniero
di una mia vecchia foto.
che, inconsapevole,
ha fermato un attimo di luce,
sperso ora, tra le polveri
di una cavea lontana.
Non conosco più,
quel volto aperto
sulla soglia di una casa ora vuota e
di quel volto
i pensieri ricordo, come ora,
di terra che vuole fiorire
oltre ogni tramonto mio.
Ho scritto altre pagine,
senza fine ancora,
e nessuno le legge
e non ha più parola
quel volto aperto,
tagliato da rughe di silenzio.
======================================================================
Dorato, era il mio fiore tra i fossi,
profumava come bicchiere di vino in compagnia,
e di occhi leggeri;
mai il capo abbassava al vento
e giocava coi bimbi liberi,
di ogni lingua del cielo.
Lo nutrivo d’acqua e fiato di menta
ed era lui, a proteggere me
dai serpi e dai lampi.
Ogni suo giorno m’era nuovo
e mai, tra le dita,
m’è passito.
Non so più camminare, ora,
e perdo il lume delle strade
e ancora
ne cerco il brillare dei petali tra i rovi.
M’aspetta.
======================================================================
Un abbraccio
possibile, a notte,
come una lama nella carne
senza alcool che non faccia
dolore,
come una corsa,
incontro al profumo,
e alla seta, nascosta, segreta
e d’ombra,
mi scioglie,
anche quando non esiste.
=======================================================================
Sto imparando
ad ascoltare tutto il silenzio della città
e a contare ogni suo angolo
e sasso.
E sto imparando
a mancare ad ogni appuntamento
con l’intero cielo che mi piove
dentro.
E sto ancora imparando
a tacere
tutte le voci che
intorno al fuoco delle notti
e alla tavola
mi sono state tramandate.
Io imparo,
quando sono piagato.
====================================================================
Le braccia d’alberi,
in preghiera alzate al cielo,
cadevano di foglie e ombra
e muschi verdi.
Dinanzi, mi andava,
sollevando leggera la gonna,
come una nuvola
che a terra non stridesse,
e sul secco in terra
mai lasciava orme
eppure era di carne, e dolce.
Non m’era dato raggiungerla
in sogno.
S’evanesceva con la nebbia sfilacciata
del mattino di sole opaco,
al mio tendere le dita a lei.
Solo la realtà, mi resta
per sognare di raggiungerla ora.
====================================================================
Una stanza chiusa
senza finestre e nera,
a notte, troveresti
se guardassi in me.
Profonda,
come la ferita di un vulcano
cieco.
Silenziosa
perché tutte le musiche
si sono spente
sotto l’acqua.
E fredda,
perché ho sangue di ferro
e assenza.
Luci, non cercare.
Non ce ne sono più.
Mai ci sono state.
Che bello questo cielo spento
e nessuna stella mi guarda.
=======================================================================
Un volo d’uccelli notturni
mi prende a vortice,
come un suono di violini
e mi porta tra le foglie bagnate
e le orme di passi
che vanno via.
Cerco, un fuoco dolce
che mi scaldi,
le mani
fredde e
rompa la pioggia e il buio nudo.
Scelgo due pietre
di antica selce
e raccolgo scintille.
Perché non aspetto
d’essere salvato.
=====================================================================
Stanche, ho le mani.
Di scavarmi dentro il buco
dove l’orologio inghiotte
ogni respiro mio.
Con un solo gesto
desidero liberare
i miei sciolti quaderni
da ogni loro sogno e
guardare il fondo
d’una platea vuota.
Dal freddo voglio uscire
sotto una coperta di cielo.
==================================================================
Pagine, e pagine ancora
di parole giovani sempre che
cadono nella memoria
come un’acqua ferma al sasso.
A riva, l’eco muove giunchi
e carezze mai date,
urlate nel cavo d’un albero
senza risposta.
Darà fiori
quel tronco a primavera,
finché vi saranno primavere
e finché quel legno
non mi sarà estirpato
dal petto.
=======================================================================
Dev’esserci un miraggio profondo
dentro un liquore e un pezzo di cioccolata
per usare il mio dolore
come una luce che cerchi
una finestra accesa
e una lacrima dall’angolo di un occhio
che mi porti all’odore
di quanto non ho più e
mai ho avuto.
Bevo, e ancora bevo
un ritornello lontano e aspetto
la pioggia; una pioggia aspra
che tagli la pelle
e bagni le lacrime
che di versare mai
smetto .
======================================================================
Mi si stringe la sera addosso
come un vecchio mantello strappato
e le giornate corte m’accendono
dell’alba il desiderio.
Ma non posso
scansare il buio come una crosta bruciata
e devo subirlo
con la schiena piegata e bassi,
gli occhi, senza sogni.
Al freddo, resto dritto,
contro il vento e le ore
interminabili
aspetto mattino.
Un mattino per me.
====================================================================
So quanti respiri ha il mare
e non so, quanti ne ho io, e
so quanta sabbia ha costruito castelli
e quanto vento so
ne ha sparso le mura e i merli,
distruggendo sogni e realtà,
nate tra le dita mie, e tue.
So tutto il freddo
di una strada piena di vetrine
e d’auto veloci e c’era
un tempo, in cui sapevo
anche, come arrivare
ad un ricordo caldo.
C’è un balcone,
oltre il vetro che mi separa dalla sera,
e io chiudo il tramonto
dentro la scatola di aghi e rocchetti,
e poi lo butto via.
Fino alla prossima alba.
=====================================================================
Freddo serale metallico
mi convince della mia assenza;
c’è la mia ombra,
poco ondosa
in una pozza densa,
e sprofonda.
Perfetto, il sole
s’allontana, senza più nulla dirmi.
Mi copro
e tremo uguale, senza difese,
e sorrido
al mare lontano.
==================================================================
Ci sono ancora rondini, in cielo,
a volare controvento,
e a ricordarmi che è giorno
mentre mi tramontano gli occhi.
Non temono il freddo
luccicante
di perle del mattino in controluce,
e neppure la notte elettrica
senza più nido.
Vorrei come loro camminare
senza le mie ali,
contornando d’anfora l’aria;
incerte paiono e precise invece
seguono il loro desiderio
incalzandolo, di risposte mai ricevute
e carezze, sussurrate.
Così vorrei tradurre il mio dolore,
incerto, e preciso invece
mentre mi lacera,
e sapere di un nido, che mi aspetta
oltre ogni mare di lacrime.
=====================================================================
C’è un intero cielo
dove non sono e
c’è una infinita luce
che non accarezza la mia ombra;
ci sono matasse di nuvola
dove salire mi è negato e
una divelta terra
non conserva i miei passi.
E sono ancora,
me nonostante e
seguo, il volo di una lontana aquila
fino a una macchia di sambuco
e con le nere bacche
scrivo il nome che ancora
ha la mia carne.
==============================================================
Mi torna colore d’inverno
la pelle; perdo il mare di dosso
e i frutti dolci.
Un momento, balena agli occhi l’argento d’ulivo
attorto, dal vento e dai colpi
di giorni affamati e il blu bruno
dei fichi odorosi.
Scorrono
dietro i vetri di un treno
che non ha casa.
E tremo
dove avevo sorriso
e atteso
degli scuri serrati il fresco
e le lenzuola bianche.
==============================================================
Infinite notti trascorse
a non dire; a non disturbare
il buio feroce del silenzio
che dal mare mi tiene lontano
e mi soffoca il cielo e questo cuore
oppresso, da insensate rinunce.
Diventa sibilo, il respiro
e ribellarmi mi chiude più ancora
tra strade chiuse.
Ogni rumore
non è mai una parola e
i miei occhi aperti
non sono luce e
aspetto,
di essere accettato.
==============================================================
Nuvole radenti, disegnano,
nel cielo di tramonto acceso,
stormi di uccelli incerti
e piegano il vento e l’erba, come una musica.
Ne seguo i colori ombrosi,
mentre si rifugiano tra i pioppi,
e sono foglie,
che non hanno autunno.
L’aria spande onde
che m’attraversano mentre s’alzano ancora, e s’allontanano nella sera, polvere.
Io resto,
e non ho ali
né compagnia o canto,
e sono nulla,
anche per gli storni indifesi.
Neppure una piccola pietra sull’asfalto.
=============================================================
Benvenuto nel mio teatro
ottobre;
puoi recitare la parte che vuoi.
Puoi lasciarmi ferite di sole e
risate di pioggia;
puoi essere il freddo della musica spenta
e puoi arrostire castagne di incontri.
Puoi essere un buffone senza corte
e puoi trasformarmi in un gioco di prestigio.
Puoi seppellirmi di foglie andate
e farmi viaggiare su un binario morto.
Io accetto tutto nel mio teatro
Nel mio teatro, io solo,
pago il biglietto.
============================================================
Dev’essere buio, fuori
e i lampioni della città, lontani
e vuoti i parcheggi dei supermercati
e per questo chiudo gli occhi;
per non sapere
come si muove l’ombra,
dell’erba sul soffitto,
riflessa,
da un prato che da solo
non potevo guardare.
Sui tavoli del parco
i giochi dimenticati di bambini
distratti, si cercano
per ripararsi dal freddo
e dai vetri che separano,
sui quali poso le mie mani
per sfondare ogni confine e
ferirmi,
a sangue e profondo.
E veder gocciolare nel buio
là fuori, l’ostinato rumore
dell’eterno silenzio.
===========================================================
Da questo lato del mattino,
il giorno sembra un inganno senza arrivo
cui nulla importa di me.
E neppure se aprissi gli occhi
un sogno verrebbe a prendermi
per mano.
Devo aspettare l’alba
tra poco,
perché la luce mi si avvicini
senza che mai io possa
toccarla.
============================================================
M’attendo colpi
che mi trapassino.
Cammino curvo
per non farmi cogliere e
sanguinare, e cerco, nella nebbia,
di non sbagliare margine,
mentre mi sento il cuore girare
e sbattere
in una scatola, incatenato.
Allora corro
e non vedo i fiori
e le bacche rosse,
ma solo i muri secchi, dietro cui
nascondermi, non placato.
E senza nulla vedere
ancora corro assetato, e finirà
anche il latte che non bevo più.
==============================================================
Ancora una farfalla presa
dagli odori del fiore
posso vedere, lontano.
Come uno stampo felice nell’aria,
io che avvicinarmi
non devo.
Un istante di enorme silenzio, era,
e cercavo di vedere se tutto
a me intorno
fosse spento.
Solo l’orologio
segnava i passi
che oltre l’orizzonte ho camminato.
============================================================
Sono colpevole
di sentire il sapore
di mele selvatiche in terra cadute
ai margini dell’asfalto.
E sono colpevole
di vedere ali volare
nel fumo di un camino.
E ho colpa
perché credo alle parole.
E sono colpevole
perché credo nel mare
che a notte raccoglie del giorno
le lacrime e le scioglie
nelle storie scritte da bimbi.
Sono colpevole
d’attendere il bene del mondo
da un mondo che mi nega
d’esistere.
=============================================================
Un rumore profondo,
altrove vicino
e il cuore entra in risonanza
e aspetta e batte
solo quando urta
contro una roccia caduta.
Agghiaccia la pelle e
s’affossa
come un passo su una terra bagnata
che di me almeno,
conserva un ricordo.
E lo guardo il vento cattivo
e non mi smuove.
Io, sono sempre qui.
===========================================================
Che grande errore
ho fatto,
a credere nella sabbia di mare
quando si sollevava col vento
e mi lasciava schegge di sole
sul petto nudo.
E che infinito errore
ho commesso
a pensare ai petali bianchi dei gigli,
al fianco mio, leggeri
protettivi col mio cuore nudo.
Che errore senza perdono
ho fatto,
a camminare pensando di sapere
quale strada m’avrebbe portato
a restare, in ogni sogno,
indifeso e finalmente nudo.
Scrivo sul vetro bagnato,
l’incompleto elenco degli errori miei,
perché ne resti il vapore,
ad ogni controluce.
==============================================================
Oltre il monte
una scheggia di luna
scatena chiarore bianco
nel cielo notturno, come una porta,
socchiusa alla cecità.
Ho dita meccaniche mosse
da anima calda e fragile
e pare così bello,
il buio sapore di vino.
Mentre raggiungo
il mio arrivo
penso al tagliente amore
che mi spezza il ghiaccio
intorno.
E scrivo sul dorso del monte
dritto nel cielo,
tutto il mattino
che mi aspetta e mi respira.
==============================================================
La prima volta che ho parlato
avevo fame,
d’essere abbracciato
e preso, da terra verso il cielo
e in girotondo.
Sapevo già
d’avere sbilenco il cuore
per questo indossavo maglioni rossi;
perché si vedesse,
quanto cuore m’usciva.
Ma la prima volta che ho parlato
non ho detto nulla
avrò solo steso le braccia
per chiedere,
come ora,
che cerco le parole
della prima volta che ho taciuto.
Abbracciato.
=============================================================
Caduto è il giorno
mentre ancora di sé lascia
tracce d’oro nel cielo;
una scia di possibilità
ancora accese e ali
sempre in volo.
Intorno ho macerie
di continenti che girano
e ombre di mani
che non si sono unite
e il freddo del vento
che tutto scioglie via.
Raccolgo le mie povere cose
e le lettere mai ricevute.
Non ho casa e non ho rosso di nuvole
da fermare; né ho fretta.
Ci sarà notte
e io cercherò stelle
seduto su scalini aspri
con la schiena poggiata
su una porta chiusa
mentre al mio fianco un bambino lacero,
aspetta che il tramonto giochi con lui.
=============================================================
Vorrei ascoltarti, notte
e sento solo silenzio,
mentre ti copri il seno con le mani
e lasci che la luna
t’illumini il ventre.
Vorrei guardare le tue strade diritte
arrivarmi vicino, almeno,
mentre leggo alla luce di un lampione e
respiro non ho.
Vorrei proteggerti, notte,
dai miei sogni inutili
e dalla mia gola arida.
Vorrei ballarti notte,
perché hai la musica dolce
e ignota,
di quando sono amato.
==============================================================
Prendono vita
le foglie di stagione trascorsa
scosse appena dallo scirocco arido
che affosca l’aria
e il sole intorbida.
Si piegano
di una farfalla al volo trasognato;
oscillano, al peso di una memoria
e cadono infine,
leggere, roteanti,
inconsapevoli tornano a essere terra
e vita.
Ancora non ho, da cadere
per questo cerco linfa
e tramontana
e scompiglio d’odori.
=============================================================
Riempie la notte
la luce che c’era
e le lenzuola bianche scurano ora
le voci, basse,
per non svegliare i muri
e essere ombre.
Non corrono più, le strade,
verso i rami intrecciati degli alberi
e il blu di cieli liberi;
si fermano, anzi,
a cercarsi gli angoli di carta sparpagliata
al vento
coi nomi del mondo intero, scoloriti.
E solo delle coperte
resta l’abbraccio.
Fino al prossimo mattino.
==============================================================
La sabbia nell’aria, non costruisce castelli
e non porta sino al mare;
è solo polvere che rende pesante il volo
di ogni pulito desiderio.
E’ terra lontana sopra me sparsa
e vorrei fiorisse
per nutrire petali e racconti di vento
e vorrei mi portasse
oltre confine con sé.
Per essermi straniero
e impararmi, ancora.
============================================================
Balla con me
vecchia camicia dal collo liso;
balla con me
libro sottolineato;
balla con me
musica che non smetto di ascoltare.
E ballate con me
fiammiferi spenti e
ballate con me
barattoli di miele scuro.
Non lasciatemi solo,
mentre scavo nel cielo.
============================================================
Filtra, la polvere di tramonto acquoso
dagli scuri di ogni finestra
di ogni mia casa
e la luce ne inseguo,
fin oltre ogni mio mare.
Perché desidero guardare ancora
contro la notte che scende
e desidero trovare una terra
che solo albe rosa
lasci respirare e le braccia stendere.
È veloce questo vento
che porta lo scuro
ma meno rapido,
di un raggio che carezza le farfalle.
=============================================================
Non lo sai
cosa significa quando un cielo
è senza luna e
e non lo sai cosa significa
guidare sempre contromano,
senza avere direzione.
E non sai
cosa risponda, alle domande
che mai ho potuto fare.
E neppure sai,
tra i ferri ritorti del cemento,
cosa significhi immaginare una casa.
No. Non lo sai,
cosa significhi
sentirsi dentro battere il cuore
e le ginocchia sciogliersi
mentre seduto sul vuoto
resto sorpreso
dal sapere che ancora
posso amare.
Non lo sai.
==============================================================
Il fuoco ho visto,
rendere amaro un legno
e illuminarlo, prima, di sangue
dorato e rosso,
come un’alba furiosa
e annottarlo poi,
di nero carbone senza respiro,
fino alla polvere di cenere
nell’aria sospesa
e spegnerlo infine,
dopo ch’era stato germoglio
e braccio e foglia e frutto dolce.
E la notte,
ho visto vincere allora.
E ancora mi gela.
===========================================================