Sei un padre, che si chiama “Dio vince”; hai creato un essere vivente, facendolo risorgere da morte, utilizzando la stessa energia elettrica che Mary Shelley utilizzava per dar vita alla sua creatura, e hai un serio problema: quello dell’educazione della tua figlia, una neonata, impiantata nel corpo di una donna. Una donna che non ha, qualche “amabile ritardo”, ma deve solo crescere.
E sei un padre, utilizzato come cavia, dal proprio padre. Privato del proprio pene. Delle ghiandole che gli consentono la digestione, perché era necessario scoprire se servissero, o meno a qualcosa, e deturpato nel volto, come un Arlecchino mal rattoppato: avresti ogni motivo del mondo per essere, dispotico, per sentirti onnipotente, per aver desiderio di vendetta sull’intero genere umano… e per esercitare le tue abilità di chirurgo verso scopi, diciamo così, non convenzionali… ed è l’unico vero peccato d’orgoglio che ti concedi: sovvertire le leggi di natura, e quelle degli uomini, come fossero abitudini soffocanti, ed incapaci di contenere in sé la multiformità del vivere.
Godwin Baxter si trova di fronte allo stesso problema di Jean Jacques Rousseau: come educare Emilio. Con l’unica differenza, che Emilio, è donna, e lui, l’ha chiamata Bella.
Bella Baxter non sa parlare, e si muove come un pupazzo meccanico cui non è stata insegnata la coordinazione. E, come ogni bambino, non ha freni inibitori o limiti. Il mondo delle proibizioni è un mondo adulto, segnato dalle convenzioni sociali, dal tempo storico, dalla chiusura, o apertura mentale dei precettori; dal fine che ci si ponga, nell’educare un infante: farne una buona madre e sposa, o un buon soldato e patriota, o un buon servo di un qualche dio.
Rousseau, si pone il problema della “libertà” del suo fanciullo da educare.
Godwin Baxter, forse per convinzione, forse per reazione, o forse per amore, considera la libertà il frutto finale che la conoscenza può dare.
Ecco allora che il motore primo della conoscenza, si accende quando la donna scopre come dare felicità a sé stessa, attraverso il piacere sessuale: la libertà, che dovrebbe essere una conquista della conoscenza, ne è invece la scintilla, che trasgredisce le regole e il controllo della famiglia.
Bella Baxter, come Emilio, dovrebbe essere tenuta nascosta al mondo, e sperimentare, lentamente, il contatto con la realtà, ma la fame di vita, e di conoscenza, travolge le barriere.
Forse non esiste, un “prima”, o un “dopo”, tra conoscenza e libertà, ma sono entrambe un peccato originale. Entrambe mangiano all’albero del Bene e del Male.
Entrambe rischiano una punizione eterna.
Yorgos Lanthimos immerge la sua storia in un futuro immaginato da George Melies, e vestito come una spogliarellista steampunk. I fondali, artefatti, sono altrettanto reali delle navi da crociera col profilo aerodinamico di modernissimi yacht da ricchi, e delle funivie che traversano i cieli di Lisbona, il cui terremoto di metà ’700 ritroviamo nell’opera di Voltaire “Candido”, altro romanzo di formazione che si confronta con gli stereotipi educazionali.
Esattamente come avviene nell’”Emilio”, Bella cresce, e ad ogni passaggio della sua crescita, segnata da una forma più completa di autonomia ed indipendenza, resa magistralmente da Emma Stone, acquisisce una sempre maggiore consapevolezza del mondo, cui va incontro con il coraggio e l’improntitudine di chi sia libero, da un senso “morale” confuso con le sole limitazioni della morale sessuale vittoriana, non molto dissimile, da quella odierna, e sia invece attento alla essenza profonda, libera e curiosa, che si nasconde dietro l’umana debolezza.
Mentre apprende a pensare, leggendo, incontra l’infinita disparità che sperimentiamo ogni giorno, tra chi sia ricco, e chi sia povero, e ne sente il dolore come fosse un personale male da combattere, e mentre vuole andare a guardare da vicino l’umana sofferenza e scende le scale dalla sua cittadella privilegiata per arrivare nei bassifondi del dolore, viene fermata dal cinismo disperato di chi è consapevole che nulla oggi può essere fatto per porre rimedio alla diseguaglianza estrema che viviamo. Quelle scale, che le permetterebbero di scendere tra i dannati del mondo, cui muoiono i bambini per fame, sono rotte, crollate, e non è soltanto lei che non può discendere ad aiutare, sono soprattutto loro, i poveri, cui è precluso salire verso l’empireo dei benestanti.
In ogni Paese, s’è rotto l’ascensore sociale, distrutto dall’egoismo delle classi ricche, dalla violenza del Mercato, dalla rassegnazione delle classi inferiori.
Ma Bella non è capace di rassegnarsi al dolore della consapevolezza delle differenze sociali e di equilibri di potere che sembrano inscalfibili: sono limiti che, in nome della propria umanità, non è disponibile ad accettare.
Paradossalmente, ed esattamente come nell’”Emilio” di Rousseau, Bella scopre che solo attraverso il possesso dei mezzi di produzione, si può essere liberi. Emilio, viene educato a fare l’artigiano, dal cui solo merito discenda la propria libertà, e Bella decide di prostituirsi, di “essere il proprio mezzo di produzione”, e di incontrare la predicazione socialista della fine dell’’800.
Naturalmente è tutta la storia, ad essere costruita per mettere in discussione luoghi comuni e stereotipi; per riportare ad una ingenua materialità umana, piena di difetti e limiti e incertezze, l’unico fondamento di una possibile e piena convivenza civile, a partire dalla propria inesausta libertà sessuale che, come ci insegnava Wilhelm Reich ( “Psicologia di massa del fascismo” ), è il vero antidoto alle dittature e alla sopraffazione.
Bella lotta, contro le convenzioni sociali.
Balla liberamente, mangia solo quel che le piace, e come le piace; cerca il piacere, ascolta il proprio corpo e desidera osservare il mondo per conoscere e per farsene permeare; non desidera essere un osservatore neutrale e non vuole che i propri bisogni siano coartati.
Bella, vuole essere libera, e, per questo, finisce con lo scontrarsi con chi la considera una propria esclusiva proprietà e sia pronto, per questo, a mutilarne la libertà.
Francamente, nonostante tutta la razionale accettazione delle argomentazioni del “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria – questo film è intriso, per contrasto, di riferimenti all’Illuminismo, come unica ancora di salvezza dei nostri tempi – è bello pensare di poter prendere un uomo che, con una pistola in mano, si rivolga ad una donna, reclamandone la sottomissione, e impiantargli il cervello di un quadrupede ruminante.
Il mondo sarebbe migliore, con più capre, e meno maschi dittatori.
“Povere creature”, forse, ha un solo difetto, ed è quello di voler tutto in sé contenere, esplodendo continuamente nella sua visualità alterata che non dà un istante di tregua, e che magari, è anche il suo vero pregio; quello di raccontare una liberazione come un continuo fiorire visionario e, nello stesso tempo, radicalmente materiale .
Di certo, senza la prova di Emma Stone, questo film non sarebbe stato possibile