Sono accadute molte cose, dal 7 ottobre scorso.
Soprattutto, sono morte migliaia di persone. Civili, in special modo: vittime non armate, che non potevano neppure difendersi: donne, giovani, anziani, bambine e bambini.
Dal 7 ottobre scorso, il mondo si confronta, ancor più, con ipotesi di deflagrazione totale.
Penso che riflettere su questo, anche per un nulla quale io sono, sia essenziale per aver coscienza consapevole, di quel che accade. Per confrontarmi con altre opinioni, certamente più autorevoli della mia, per far ordine, tra emozioni e ragione, e paura.
Provarci, almeno.
Mi ha convinto a scrivere, un episodio, apparentemente minore, ma per me, invece, e sotto molteplici aspetti, potenzialmente assai importante, se se ne colgano gli aspetti essenziali, ed il suo profondissimo richiamo ad una responsabilità che è sì, individuale, ma che dovrebbe diventare collettiva, e capace di articolare, col massimo della correttezza possibile, le priorità, e le considerazioni e le azioni.
Michele Rech, Zerocalcare, ha scritto, riguardo alla sua prevista partecipazione al Lucca Comics di quest’anno :
“ … quando queste persone mi chiedono com’è possibile che una manifestazione culturale di questa importanza non si interroghi sull’opportunità di collaborare con la rappresentanza di un governo che sta perpetrando crimini di guerra in spregio del diritto internazionale, io onestamente non riesco a fornire una spiegazione. Non riesco nemmeno a dire loro del mio dispiacere di non esserci e di quanto questa cosa mi laceri, se lo paragono all’angoscia che sento nelle loro voci.
Non è una gara di radicalità, e da parte mia non c’è nessuna lezione o giudizio morale verso chi andrà a Lucca e lo farà nel modo che ritiene più opportuno…”
Guardo il testo completo della sua dichiarazione, e mi sembra misuratissima.
E quello che a me appare essere il cuore della sua posizione ( sopra riportato ), contiene una serie di elementi, e lascia dietro di sé una serie di parole, che meritano d’essere esplicitate, per coglierne tutta la portata e tutta la serietà.
Innanzi tutto, va sottolineato un grande atto di coraggio.
Dovrebbe essere una responsabilità, forse addirittura un dovere, per un intellettuale, assumere una posizione, sulle questioni più importanti del proprio tempo. Senza pretendere d’avere una opinione su tutto, ma confrontandosi con i propri limiti e la propria ricerca, e assumendo su di sé il peso di “dire”, anche in nome e per conto di tutti quelli che non hanno un modo di far ascoltare davvero la propria voce. Essere una coscienza critica del proprio tempo, in estrema sintesi, dovrebbe essere questa la funzione dell’Intellettuale: una funzione che in pochissimi oggi in Italia assolvono.
Certamente, insieme a Michele Rech, anche Roberto Saviano, e non è un caso, che proprio nei confronti di queste due persone, il cosiddetto sindaco di Aquila, abbia emesso il suo interdetto ed impedito loro di confrontarsi con la città in una pubblica occasione di dibattito e riflessione, anni fa, cui ha posto solo parziale rimedio la Libreria Colacchi ( oltre che, poi anche il Comitato 3 e 32 ), quando ha accolto Zerocalcare in occasione della pubblica presentazione di un suo volume.
Perchè il potere ha paura delle voci libere.
E, personalmente, mi sorprende che nessuno abbia voluto organizzare pubbliche occasioni di confronto ad Aquila, con Saviano e Rech, magari insieme; credo che molti spazi pubblici cittadini sarebbero insufficienti a contenere il numero di persone interessate ad ascoltare.
Le tentazioni autoritarie del potere, vanno combattute sempre, e non lasciate passare sotto silenzio.
In secondo luogo, Michele Rech distingue esplicitamente tra la rappresentanza governativa di uno Stato, ed il suo popolo.
Tale distinzione, nel dibattito spesso strumentale e smodato di questi giorni, non è per nulla scontata, ed anzi segnala una precisa linea di demarcazione, di cui ciascuno dovrebbe essere ben consapevole, in qualsiasi situazione.
Lo scrivo esplicitamente, pur nelle dovute differenze di condizione storica: in una situazione di guerra totale, gli Alleati della II Guerra Mondiale, hanno ben distinto ( sia pure non sempre ), tra il popolo italiano e il suo dittatore. Hanno collaborato, parzialmente, con la sua Resistenza, di cui hanno riconosciuto la legittimità, nella sua funzione di Governo, nonostante i pur gravi condizionamenti ed ingerenze, successivi alla fine del conflitto.
Tale ragionamento vale, ad esempio, anche per quanto accade oggi in Ucraina, e, a maggior ragione, per quanto attiene il popolo palestinese, ed il popolo israeliano.
Tale distinzione dovrebbe consentire, a chiunque sia dotato di una minima capacità di analisi, e anche a chi dovrebbe compiere importanti scelte politiche, di indirizzare le proprie parole e le proprie azioni, in favore di tutte quelle parti, tra entrambe i popoli, che possano favorire una azione di Pace, giusta, stabile e informata alla salvaguardia della sicurezza, dei diritti e della vita di ciascuno.
Scelte diverse, in questo senso, non sarebbero orientate da una cosiddetta “realpolitik”, ma condurrebbero solo al permanere di condizioni conflittuali, o addirittura ad un criminale inasprimento ulteriore ed allargamento pericolosissimo del conflitto.
Nel mondo intero, sotto varie forme, esistono forze che chiedono lo scontro totale.
Esistono negli USA; esistono in Russia; forse esistono in Cina e certamente esistono tra alcune teste oscene presenti in Europa. Dentro queste teste, l’antisemitismo europeo ( perché è prevalentemente europeo l’antisemitismo, ed è il nostro antisemitismo, ad aver suscitato un analogo antisemitismo arabo ), contraddittoriamente, si somma con una islamofobia tutta retorica e che però non disdegna affatto di comprare il petrolio, o di investire nei Paesi che sono i maggiori finanziatori del Jihad islamico, rivolto contro gli Occidentali e contro tutti i valori di cui essi sono sentiti portatori, che poi sono gli stessi valori cui queste teste europee guardano con assoluto disprezzo e livore ( laicità delle istituzioni; libertà personali e diritti civili; libertà di orientamento sessuale; parità tra uomini e donne, etc ); producendo un corto circuito propagandistico, in cui è possibile sostenere tutto, ed il suo contrario, cancellando ogni possibile coerenza argomentativa e di comportamento.
Vuole lo scontro totale ogni cellula dell’islamismo radicale, in nome del rifiuto, esattamente di quei valori occidentali che quelle teste oscene europee aborriscono: dal diritto all’aborto, alla libertà politica e sociale; alla libertà di pensiero e di stampa etc… tanto per aggiungere alcuni valori, all’elenco di quello che, in vario modo è oggi sotto attacco ( anche da parte del capitale finanziario ).
A questo rimescolamento delle possibilità di lettura del conflitto in atto, s’aggiungono le potentissime macchine di propaganda che ogni schieramento ha affinato nel tempo, trasformandole in veri e propri armamenti di una guerra che ha, come posta principale, la conquista delle coscienze dei popoli, in particolare attraverso l’uso dei social network: attività in cui la Russia, e le Destre di ogni Paese, hanno investito risorse finanziarie ingentissime ed intelligenze, da anni e anni, giungendo al risultato di manipolare, sempre più, gli esiti delle competizioni elettorali, lì dove si svolgono. Togliendo, anche per questa via, quasi ogni credibilità ed attendibilità, al racconto del conflitto in corso, e rendendo ancor più vittime, le vittime innocenti delle follie criminali in corso.
Ecco allora, che la distinzione tra “rappresentanza di governo”, e “popolo”, non costituisce soltanto un fondamentale argine logico alla nostra possibilità di analisi di quel che accade, ma dovrebbe anche essere un criterio essenziale di orientamento, nella costruzione di concrete politiche di azione e di intervento.
Ed in questo senso, l’astensione dell’Italia, ad una mozione presentata presso le Nazioni Unite, che chiedeva un “cessate il fuoco”, giustificata dalla assenza di una condanna degli atti compiuti da Hamas, non segnala solo il servilismo politico dell’attuale governo italiano, ma la sua fondamentale vocazione autoritaria, secondo la quale, l’azione di qualcuno che s’arroghi ( persino quando vincitore di legittime elezioni ), la rappresentanza intera di un popolo, è, senza limite alcuno, azione per intero di quello stesso popolo. Il nostro Governo cioè, sostiene che se un terrorista italiano, uccidesse il monarca di uno stato balcanico, perché ritenuto oppressore della minoranza italiana presente in quello stato, di quella uccisione ogni italiano sarebbe tanto responsabile, da non meritare neppure un “cessate il fuoco”, che consenta di soccorrere feriti, donne, bambini e porli in condizioni di sicurezza.
La grettezza, e la superficialità della posizione espressa dall’Italia in sede ONU, dovrebbe inchinarsi all’articolazione del pensiero espressa da uno scrittore di fumetti, italiano.
In terzo luogo, Michele Rech, si sottrae ad una tentazione semantica, cui oggi invece, in tantissimi, colpevolmente e con incredibile leggerezza, cedono. Zerocalcare sostiene che Israele stia perpetrando “crimini di guerra”, e non un “genocidio”, come molti scrivono e sostengono.
E ha ragione, nel chiamare quello che accade, col suo terribile nome. Anzi, ha doppiamente ragione.
Perchè salvaguarda, l’unicità storica dell’Olocausto nazista: non lo banalizza, come vorrebbero le destre di tutta Europa, e del mondo, anche arabo. Ne custodisce l’orrenda sospensione di umanità e la sua peculiare “banalità del male”, e dovrebbe per questo ricevere il plauso, di quanti ostentano critica all’operato del governo di Israele, e si lamentano per questo d’essere accusati d’antisemitismo, mentre è proprio l’uso banalizzante della parola “genocidio”, ad autorizzare il sospetto di un antiebraismo atavico, invincibile, che, di per sé stesso, depotenzia e rende vana ogni concreta azione contro i crimini del governo d’Israele.
E ha ragione anche perché il “crimine di guerra”, oltre a poter essere concretamente perseguibile, e potenzialmente condannato, sulla base di Accordi Internazionali, costituisce una fondamentale linea di iniziativa politica, per circoscrivere gli atti che stanno accadendo; per poterne chiedere, a ragione, ed a gran voce, una loro limitazione solo a forze belligeranti, e non alla inerme popolazione civile.
Crimine di guerra è stata l’azione di Hamas, se Hamas è espressione di governo della Striscia di Gaza, e crimine di guerra, probabilmente è tutta l’impostazione e la realizzazione della risposta di Israele a quanto avvenuto il 7 ottobre scorso.
Evocare il “crimine di guerra”, dovrebbe, per converso, ricondurre a delle “regole di guerra”, che, pure, esistono, sul piano del Diritto Internazionale, e se non ci appelliamo ad esso, conferiamo legittimità ad ogni esercizio unilaterale della forza, contro chiunque: per quanto barbaro e disumano possa essere. Conferiamo legittimità al comportamento di chi, come gli Stati Uniti d’America, non riconosce la giurisdizione sui crimini contro l’umanità e sui crimini di guerra, del Tribunale Internazionale dell’Aja.
Vengono in mente le parole dello storico Hobsbawm, che, interrogato alla fine degli anni ‘90 sulle tendenze che avrebbero potuto caratterizzare il nuovo Millennio, segnalava che, tra le varie forme possibili di guerra, s’avanzasse la possibilità che il conflitto bellico non avvenisse più soltanto tra Stati, ma anche tra stati e organizzazioni private, come quelle del terrore transnazionale: e se ci fosse stato qualcuno, capace di concettualizzare queste formidabili intuizioni, e costruire su di esse una azione politica, anche preventiva, non saremmo qui forse, oggi, a temere l’abisso di una Terza Guerra Mondiale.
Infine, le parole di Michele Rech, segnalano una ulteriore esigenza politica, di ecologia della mente di cui, in particolare a Sinistra, vi è un bisogno estremo, vitale direi.
Le sue parole vogliono sottrarsi ad una “gara di radicalità”.
Quante volte, a Sinistra, è stato praticato il culto del “più uno” ? La ricerca ossessiva cioè, non di quanto possa eventualmente unire, bensì di quanto possa caratterizzare una presenza, di gruppo, ma, in realtà, sempre più individuale, eppure esiziale alla ricerca di possibili percorsi comuni, nell’azione politica, sia essa di opposizione, che di governo, o, di carattere sociale.
Ecco allora proliferare i toni apocalittici e apodittici; la diffusione dei filmati osceni del dolore di vittime e bambini, con i quali c’è chi pensa di suscitare la Guerra Santa contro gli Occidentali, mentre contestualmente qualcuno pensa che la condivisione sia utile a suscitare totale riprovazione per le azioni di Israele (del suo governo ? del suo popolo ?), e si finisce invece solo per rendere commestibile l’orrore, sdoganarne la rappresentazione più cruda e cruenta che nulla può aggiungere al dolore per la perdita di vite innocenti.
Da ultimo, addirittura, Zerocalcare non intende porre in questione, ma rispettare le scelte di altri, che magari su temi di fondo possano pensare al pari di lui, ma che, nello specifico – partecipare a Lucca comics – intendano compiere scelte diverse motivate da altre idee.
C’è qui un invito, che dovrebbe essere fortissimo, a tutte e a tutti, ad abbassare i toni; a riflettere. A pensare alla gravità di quanto sta accadendo e a dialogare, per cercare insieme una piattaforma politica credibile, e forte, che sia capace di mobilitare le coscienze ed i governi.
Perchè è chiaro, che il 7 ottobre rappresenta un salto di qualità in una vicenda della quale ha raccontato mirabilmente Robert Fisk in “Cronache mediorientali”: spiegando che i nodi di fondo della vicenda israelo-palestinese, sono negli accordi seguiti alla Prima Guerra Mondiale ( come, peraltro, per molte altre vicende della geopolitica mondiale: dall’Iraq ai Balcani, all’Afghanistan, ad esempio ), e in vicende che portano dentro di sé un carico di dolore e di sofferenza tali, da non poter consentire a nessuno, di puntare il dito cercando responsabilità “iniziali”, o colpe, il cui senso e significato ha il peso di una intera vicenda storica, il cui scioglimento, ammesso sia possibile, richiederebbe storica lungimiranza e visione, e, purtroppo, probabilmente, altrettanti tempi storici.
Siamo di fronte ad una enorme complessità, capace di gettare l’intero pianeta nel caos e nella guerra.
E mai come ora, sarebbe necessaria una forza capace di tessere dialogo e ragionevolezza, da contrapporre alla bruta logica militare e della vendetta reciproca.
La Pace, talvolta, è iniziata con sconfitte militari; ma quando ha avuto vera origine da gesti di disarmo, nessuna guerra più, ha potuto riprendere posto nella storia delle relazioni tra stati che, tra loro, abbiano scelto di collaborare.
L’Europa, è un esempio straordinario, in questo, e addolora moltissimo, che proprio l’Europa, non sia in prima fila, in Israele, ed in Ucraina, nel proporre azioni concrete di pace e di disarmo, ma anche di assoluto rigore contro le teste oscene e gli integralisti di ogni bandiera, dentro i propri confini, e fuori di essi.
Io dico grazie, a Michele Rech, per i suoi gesti, le sue parole e la sua coerenza umana e politica. Spero che molti, tra quelli che abbiano responsabilità, prendano esempio.