I dati dicono che, entro 12 mesi dall’aver conseguito la laurea in Scienze Politiche, circa il 67% dei neolaureati, trova un lavoro.
Lei, quasi quarantenne, è laureata in Scienze Politiche, e il suo primo impiego regolare, lo trova a venticinque anni, ad Aquila, nel settore Commercio e Servizi; a quel lavoro, seguono altri dieci anni passati tra ristoranti e locali commerciali, dove lo stipendio è basso; dove al lavoro regolare si alterna il lavoro nero, e poi quello grigio, fatto di contratti che sembrano a tempo parziale, e così sono pagati, ma che richiedono un lavoro quasi senza orario; per non parlare degli inquadramenti contrattuali, sempre assegnati al massimo ribasso.
Credo sia davvero difficile, immaginare cosa passi per la testa, e per il cuore, di una persona che ha creduto nella possibilità che, col crescere dell’istruzione aumentino le opportunità per migliorare la propria vita materiale e per immaginare un proprio futuro, e che, invece, faccia i conti ancora oggi, con una difficoltà severa, ad avere una propria autonomia economica ed una propria indipendenza personale.
Studiare, e completare un proprio percorso educativo e di conoscenza, non vuol dire solo aver acquisito un bagaglio di competenze che potrebbe essere messo a utile servizio della collettività, ma anche, spesso, aver acquisito le consapevolezze necessarie a leggere la trama della realtà, e a comprendere, profondamente, lo stridore esistente tra un investimento pubblico in istruzione, durato per almeno diciotto anni, e lo svolgimento di un lavoro come quello di cameriera in un ristorante. E forse questo rende ancor più sottilmente doloroso, il proprio percorso di vita.
Nulla da dire, sulla dignità e anche sulla professionalità necessaria a svolgere il lavoro di una cameriera in un ristorante; ma l’intera società dovrebbe interrogarsi, sempre, su come sia possibile che la propria idea di progresso delle prospettive di vita di una persona, attraverso lo studio, segni un così clamoroso fallimento.
L’Italia, depotenziando istruzione e formazione, ha rotto un ascensore sociale fondamentale per una larga fascia di persone, lasciandole prive di prospettive e di possibilità concrete.
E nessuno può, credibilmente, agitare lo spettro di studenti, o studentesse, che, una volta acquisito il titolo di studio, si rassegnino a star seduti sui divani di casa a guardare la televisione.
Chi usi questi stereotipi, lo fa, consapevolmente, per costruire una narrazione collettiva che ha il solo scopo di legittimare lo sfruttamento delle persone, e la loro “colpa”, a non adeguarsi ad una offerta di lavoro indegna di un Paese che rappresenta sé stesso nella élite dei Paesi più ricchi ed industrializzati del mondo.
La persona di cui racconto, si è “adattata”, a quello che offriva il mercato del lavoro aquilano ( e qui, qualcuno dovrebbe iniziare a porsi seriamente il problema di cosa offra il mercato del lavoro aquilano, mentre siamo ormai nella parabola discendente delle risorse pubbliche straordinarie disponibili per la ricostruzione della città ), e ha cercato una sua strada, anche attraverso il tirocinio in studi professionali, abilitandosi ad una professione, per delineare un proprio percorso di vita.
Ma questo non le ha consentito di raggiungere una concreta e decorosa autosufficienza economica.
E’ un dato di fatto e non può essere spiegato con facili semplificazioni.
Nel 2019 le si apre una ulteriore opportunità. Partecipa alla selezione, nell’ambito della Pubblica Amministrazione, per il reclutamento di personale: i cosiddetti “Navigator”, quelle figure cioè, che avrebbero dovuto, nell’ambito dell’erogazione del Reddito di Cittadinanza, offrire ai percettori di quella misura, un orientamento, al lavoro o alla formazione, e l’avvio a percorsi anche di lavoro utile alla collettività.
Si tratta di un concorso che prevede il possesso di alcuni requisiti e il superamento di una prova d’esame.
Lei vince il concorso, e le viene stipulato un Contratto di Collaborazione Coordinata e Continuativa ( non un contratto di lavoro subordinato quindi ).
Secondo le modalità previste dal Contratto, che è un contratto a termine, le sono affidate 150 persone, percettori di Reddito di Cittadinanza, nei cui confronti esercitare il proprio ruolo di Tutor.
Non è questa la sede per ragionare sui contenuti con i quali è stato istituito il cosiddetto Reddito di Cittadinanza nel nostro Paese, ma è necessario ricordare almeno due difficoltà di fondo cui lei, e gli altri come lei hanno dovuto far fronte: la prima è data dalla eterogenea platea dei percettori di Reddito di Cittadinanza; una parte importante dei quali era costituita da persone che, per una serie di ragioni, spesso legate a disagi e disabilità parziali di vario tipo, ben difficilmente avrebbe potuto incontrare nel proprio percorso di vita, un concreto lavoro che non fosse totalmente adattabile alle proprie condizioni umane, psichiche e fisiche; la seconda difficoltà, ancor più profonda, era data dalla pressochè totale assenza nel nostro Paese di una reale politica attiva del lavoro, che avrebbe richiesto strumenti, e relazioni ben più raffinate, articolate e stratificate da pratiche consolidate, rispetto alla totale improvvisazione, o quasi, in cui la persona di cui raccontiamo si è trovata ad operare ( esattamente come tutti gli altri suoi colleghi: 3000 unità in tutta Italia ).
Lei ha inventato una propria modalità operativa; ha costruito relazioni ed interventi. E’ diventata un punto di riferimento per tante persone, che le chiedevano anche aiuto e consiglio rispetto alle modalità con le quali accedere alle varie forme di sostegno al reddito messe in campo dal 2019 in poi; e, dal 2019 in poi, ha dovuto fare i conti anche con le conseguenze della pandemia da COVID 19, che, inevitabilmente, ha compromesso larga parte degli obiettivi che avrebbero dovuto essere conseguiti nel suo lavoro.
E nel suo lavoro, lei ha incontrato anche la sordità del Comune di Aquila, che, al contrario di vari piccoli Comuni del circondario, non ha attivato alcun Progetto Utile alla Collettività, che pure avrebbe potuto costituire una utile esperienza lavorativa per alcuni dei percettori di Reddito di Cittadinanza, oltre che, magari l’occasione per la municipalità, di avviare qualche positiva attività lavorativa che avrebbe potuto intervenire su qualcuno dei tanti bisogni del nostro territorio.
La Giunta Comunale di Aquila, per i tre anni in cui i Navigator hanno lavorato per dare uno scopo allo strumento del Reddito di Cittadinanza, non ha fatto assolutamente nulla, salvo, forse, dare qualche timido segnale di risveglio, quando lo strumento ormai volgeva al termine, per le determinazioni assunte dal nuovo Governo.
Nel suo lavoro concreto, poi, ha anche affiancato i dipendenti a tempo indeterminato del Centro per l’Impiego, quando sono iniziate modalità operative più centrate sul tentativo di facilitare la rioccupazione delle persone – e per le quali non c’era nemmeno tutta la competenza professionale necessaria – piuttosto che sulla semplice burocratica raccolta degli adempimenti obbligatori delle imprese, per le assunzioni e i licenziamenti di Lavoratrici e Lavoratori.
Ma, ancora una volta, e stavolta per ragioni squisitamente ed esclusivamente politiche, l’investimento pubblico che era stato fatto su queste tremila persone in tutta Italia, viene buttato via. Come se non ci fosse un interesse dello Stato Italiano a formare e ad avere delle competenze nell’ambito della Politica Attiva del Lavoro, ma questo fosse un interesse esclusivo di alcune forze politiche.
Una volta arrivata una nuova maggioranza nel ruolo di governo del Paese, diventa subito chiara l’assoluta assenza di considerazione per una esperienza acquisita e l’assoluto disinteresse per risorse pubbliche, che pure sono state spese, anche con l’approvazione di alcune forze politiche che sono rimaste, rispetto alla precedente esperienza, al governo del Paese, essendo tra coloro che il Reddito di Cittadinanza lo ha proprio istituito ( Lega, in primo luogo, ma anche Forza Italia che, nell’esperienza di Governo Draghi, ha comunque lasciato operativo lo strumento ).
Tutte queste condizioni, e contraddizioni politiche, ignorano le persone in carne e ossa, e le scaricano, senza alcuna possibilità di riconsiderare il loro ruolo e la loro esperienza, e lei perde il lavoro, nel 2022, entrando in DisColl: una indennità di Disoccupazione, specifica per i Lavoratori con Contratto di Collaborazione, ma che offre meno tutele, rispetto alla NASPI, riservata ai Lavoratori subordinati.
Tra le minori tutele, una specifica disposizione vieta, a chi percepisca questo tipo di trattamento dall’INPS, di interromperlo con un rapporto di lavoro subordinato di durata superiore ai 5 giorni; pena, la perdita del diritto al trattamento.
Lei è una persona che si adatta, e che cerca, e quindi lavora, per circa due mesi alle dipendenze di una Agenzia Interinale, senza sapere che questo le sarebbe costato il diritto a continuare a percepire l’indennità di DisColl, che, quindi, perde.
Perde per essersi data troppo da fare; per aver continuato a pensare che fosse importante lavorare.
Quali sono i messaggi, almeno quelli più importanti, che le Istituzioni, lo Stato, danno agli italiani e alle italiane ?
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Che le risorse pubbliche non si spendono con lungimiranza per investire nel futuro del Paese, ma che si investe in Istruzione e Formazione, senza preoccuparsi in alcun modo dell’efficacia di questi investimenti;
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Che le risorse pubbliche si spendono, o si decide di non spenderle più, a prescindere dall’impatto che queste decisioni possano avere sulle persone concrete; non sulla base di considerazioni che hanno a che fare con l’interesse generale, e, per questo, il più possibile condivise, in fase di costruzione degli strumenti legislativi, ma sulla base di interessi di parte di corto e cortissimo respiro;
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Che delle persone, uomini e donne, francamente, non frega nulla a chi abbia assunto un ruolo pubblico: ognuno deve arrangiarsi come può, e pazienza, se non si abbia una famiglia che faccia ereditare una professione o un commercio; pazienza se non si possa accedere ad una forte rete di raccomandazioni;
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Studiare, non serve, perché non garantisce, davvero, un lavoro all’altezza delle proprie conoscenze e competenze.
Questi messaggi concreti configurano la rottura di un Patto Sociale; di un Patto di Cittadinanza.
Da anni ormai, in verità.
Per questo, lei non trova differenze sostanziali, nell’azione politica della Destra, o della Sinistra: sì, esistono differenze, anche nelle scelte concrete; ma né Destra, né Sinistra, né Centro, ridefiniscono la propria identità ed il proprio agire misurandoli col cambiamento delle condizioni delle persone.
I loro interventi, intaccano solo la superficie di un sistema che, strutturalmente, esclude una parte dei cittadini dalla prospettiva di vivere e migliorare le proprie condizioni.
E’ solo la famiglia, quando c’è e finché ci sia, ad assorbire i contraccolpi di questo sistema. Alle persone singole, è cancellata la prospettiva di immaginare il proprio futuro.
E quando io guardo gli occhi di persone su cui si abbatte questo sistema indifferente, vedo lo smarrimento; l’incertezza; certe volte la rassegnazione a pensarsi marginali.
E penso che serva una vera e consapevole ribellione a questo stato di cose presenti.