“Eterosessuale CIS”.
Ho ascoltato questa locuzione, e non ne conoscevo il significato. Allora ho cercato di colmare la mia ignoranza, ricorrendo all’oracolo dei tempi moderni: Wikipedia.
Essere “Eterosessuale CIS”, per Wikipedia, indica una condizione di concordanza tra il piano biologico ( i caratteri sessuali ), l’identità personale ( come la persona si sente ) e il suo ruolo sociale ( come gli altri considerano quella persona ).
In sostanza, si tratta di un modo per definire una persona che, senza alcun dubbio, identifichi sé stessa entro un riconoscimento delle proprie caratteristiche sessuali e delle proprie volizioni sessuali ( rivolte all’altro sesso ), e che sia riconosciuta esattamente in questo suo ruolo e in questa sua forma, anche dall’ambiente in cui viva.
Se volessi semplificare, potrei scrivere che l’Eterosessuale CIS, sarebbe la “persona normale”.
E siccome è possibile definire qualcuno “normale” – corrispondente cioè ad una norma ritenuta di universale validità – diviene possibile anche che ci siano quelli che pensano che il nostro, sia un mondo “al contrario”, in cui cioè le “persone normali”, soffrano di una sorta di discriminazione da parte delle persone “non normali”; “diverse”; “anormali”.
Quando ho ascoltato questa definizione, e quando poi ne ho compreso il senso, mi sono chiesto perché, fosse necessario definire qualcuno, addirittura nel suo ruolo sociale, sulla base della sua identità sessuale.
Sembrerebbe una domanda un po’ stupida, in un mondo in cui, ogni anno, si svolge, ad esempio, il cosiddetto “Pride”, che coinvolge le persone che definiscono sé stesse LGBTQ+ ( acronimo utilizzato per definire le persone Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer e che, più in generale, non si ritrovano sotto la definizione di uomo, o donna, eterosessuale ).
Viviamo in un mondo, cioè, che sembra molto attento a definire le persone, sulla base delle loro inclinazioni sessuali. Sembrerebbe anzi, innanzitutto, sulla base delle proprie inclinazioni sessuali.
Come se l’inclinazione sessuale, fosse più importante, ad esempio, delle considerazioni che possono riguardare il comportamento, criminale o meno, di una persona.
Posso chiamare ladro, un omosessuale che sia stato fermato mentre rapinava una banca, o, prima di tutto, dovrei definirlo sulla base delle sue inclinazioni sessuali ? E se venisse arrestato un eterosessuale CIS mafioso, dovrei porre l’accento sulle sue inclinazioni sessuali, o sul suo essere affiliato ad una cosca mafiosa ?
E, sulla base degli esempi precedenti, tutti gli omosessuali potrebbero essere definiti come ladri, e tutti gli eterosessuali CIS, come mafiosi ?
Verrebbe da chiedersi perché si ha così bisogno di definire qualcuno o qualcosa ? E perché così tanta attenzione alle inclinazioni sessuali di una persona, da rendere necessarie definizioni estremamente precise ed omnicomprensive ?
E perché, in realtà, la sottolineatura delle possibili qualità diverse della identità di un soggetto, faccia perdere di vista che si parla di una persona, e non di una “categoria” di persone, aprendo, anche per questa via, la strada al razzismo e alla discriminazione.
In estrema sintesi, direi che si abbia bisogno di definire qualcosa, o qualcuno, per almeno tre ragioni: conoscere/individuare qualcuno o qualcosa; trasmettere ad altri, sulla base di un significato condiviso, questa conoscenza; “controllare” questo qualcuno, o qualcosa; vale a dire cioè, consentire, sul piano psicologico, interiore, di “padroneggiare” quel che si sia definito, e sul piano esteriore, sociale, di incasellare l’oggetto della definizione, in una serie di ulteriori relazioni che ne definiscano il ruolo, innanzitutto a partire dalla rispondenza, o meno, ad un determinato sistema di valori, e/o di Leggi.
Personalmente, mi sento abbastanza insultato, dalla definizione di “Eterosessuale CIS”.
Io, non mi ritrovo, in questa definizione, perché penso che Luigi, essere umano, sia qualcosa di più complesso della propria, presunta, identità sessuale. L’identità sessuale di Luigi, fa parte, della sua più complessiva identità, ma non la esaurisce.
E, soprattutto, proprio sul piano sessuale, non è minimamente in grado di coglierne la complessità e la ricchezza, io credo.
La mia identità sessuale, a quattordici anni, non era la mia stessa identità sessuale, di oggi che ne ho quasi sessanta. A meno di non considerare rilevante soltanto il fatto che a quattordici anni, come a quasi sessanta, io sia sessualmente attratto da una donna, il che mi inserisce, forse, entro una cornice di valori, condivisa, probabilmente, da una maggioranza della popolazione ( il che non conferisce a quella cornice di valori lo statuto di “Verità”, ma semmai, di rispondenza ad una particolare tipologia di cultura, i cui caratteri, però, sono ampiamente in divenire, con l’evoluzione del pensiero e delle relazioni ).
Io ho fatto sogni in cui avevo attrazione per persone del mio stesso sesso.
Non ho le sufficienti competenze per indagare sulla mia psiche, ma, nel tempo, mi sono reso conto che l’attrazione sessuale, quella vissuta da “sveglio”, è essenzialmente un fatto culturale, di educazione, di condizionamenti ambientali, consci, ed inconsci.
Noi formiamo la nostra identità sessuale sulla base di molteplici elementi, che magari finiscono col farci considerare “naturale” un comportamento piuttosto che un altro. Magari ci fanno considerare “naturale”, solo il nostro comportamento.
Ma, a me, è anche capitato di scegliere, in età diverse, a dieci anni, da adolescente, come a trentatre, di non voler rispondere positivamente alle richieste di carattere fisico, sessuale, che altri uomini mi facevano ( coetanei, quando ero bambino: io sono tra i fortunati mai molestati da minorenni, neanche da sacerdoti, che pure ho frequentato molto assiduamente, fino almeno ai quindici anni di età ).
Quello che io percepisco come mia identità sessuale, dunque, è entrato in conflitto, con la realtà, e anche col mio inconscio.
Io non mi sento, per questo, sminuito, o incerto. Se ho rifiutato, è solo perché non mi piaceva l’idea. Questo non mi impedisce di apprezzare la bellezza di un corpo maschile, nell’arte, e nella realtà ( forse perché non è che io sia proprio così avvenente, e, per contrasto, credo sia bello riconoscere quello che puoi valutare, almeno in un aspetto, migliore di te ), ma non provo alcuna attrazione sessuale per quello stesso corpo maschile di cui pure posso riconoscere l’assoluta bellezza.
Il conflitto fa paura solo a chi senta debole la propria identità.
E’ anzi nel conflitto, io credo, che la propria identità si costruisca davvero. E non c’è una identità più “giusta” delle altre.
Per questo, sono assolutamente stanco di tutti quelli che, a destra, a Sinistra, o al Centro, passano la loro vita a definire le cose, per la sola paura di non essere capaci a vivere il conflitto, la relazione, la messa in discussione di sé e delle proprie opinioni. Le persone cambiano. E, soprattutto, non sono definite dalla loro sola identità sessuale.
Per questo, penso che l’ossessiva volontà definitoria abbia due radici, entrambe da combattere aspramente.
La prima, riguarda il “Mercato”.
E’ il mercato capitalistico, che ha interesse a segmentare e dividere tra loro le persone, perché a ciascuna di esse, alla loro sola individualità si rivolge, nel tentativo di far consumare loro il più possibile, e da questo trarne profitto.
Il mercato capitalistico ha bisogno di una ideologia potentemente individualista in cui l’identità personale si definisca solo come somma dei propri consumi, e i consumi devono essere il più larghi possibile. L’ampliamento delle possibili identità sessuali, molto brutalmente, significa la costruzione di nuovi mercati possibili, cui offrire nuovi e diversi prodotti di consumo da cui trarre profitto. Ecco allora che il mercato capitalistico, solletica l’identità sessuale, dandole la patente di “Libertà”, che non è una conquista profonda della persona, in relazione al suo rapporto con la Società e con gli altri; ma è solo la libertà di scegliere tra più prodotti di consumo, tra cui anche i corpi.
Esiste, e spesso purtroppo è pura violenza e sopraffazione, un mercato del sesso, nel quale acquistare quello che nella vita di tutti i giorni non siamo in grado di conquistarci; ed è per questa via, che le perversioni peggiori possono trovare soddisfazione.
Non è l’identità sessuale a scatenare violenza e sopraffazione, ma il contrasto tra una identità personale debole, incapace magari di accettare rifiuti, e un mercato che, ossessivamente, spiega che tutto si può avere. Tutto, senza alcun limite.
La seconda, ha a che fare con ideologie repressive ed autoritarie.
“Il nocciolo della politica culturale della reazione politica è il problema sessuale”…
“L’uomo educato e formato autoritariamente non conosce le leggi naturali della autoregolazione, non ha alcuna fiducia in sé stesso; ha paura della propria sessualità perché non ha mai imparato a viverla naturalmente. Egli declina quindi ogni responsabilità per le proprie azioni e per le proprie decisioni e chiede di essere diretto e guidato”…
“L’affermazione e il riconoscimento della donna come essere sessuale significherebbe il crollo di tutta l’ideologia autoritaria”…
“Il nocciolo della teoria fascista della razza non è altro che la paura mortale della sessualità naturale”…
“Il matrimonio come legame, la famiglia come esigenza, la patria come valore in sé, la religione come impegno nei confronti dell’eternità”…
Sono alcune frasi scelte ( una scelta arbitraria, la mia, ed assolutamente parziale, di un libro che meriterebbe attentissime discussioni ) dal libro scritto nel 1933 ( ! ) da Wilhelm Reich – Psicologia di massa del fascismo-.
Servono a provare a spiegare che la libertà sessuale è, semplicemente, nemica dell’autoritarismo politico, e che, quando si discute dei diritti delle persone a vivere liberamente le proprie inclinazioni sessuali, si discute, in realtà della libertà politica di tutta la Società. E quindi, la difesa dei diritti delle persone, non è un capriccio di sinistra radical chic o salottiera; ma attiene invece alla essenza più profonda della libertà e delle libertà politiche, e dovrebbe essere questa, una preoccupazione di tutti; e quando non lo è, vuol dire che, in realtà, non si dà importanza, alla Libertà politica.
Noi viviamo in un mondo nel quale avere gratuitamente sul proprio cellulare, a qualsiasi età, la possibilità di accedere a qualsiasi contenuto pornografico, sia etero, che omosessuale, comprensivo di perversioni più o meno violente o terribili, è l’esatto contraltare delle ideologie repressive ancora legate ai motti novecenteschi di “Dio, patria e famiglia”
Il generale dell’Esercito Italiano, che disonora la sua divisa, scrivendo libri grondanti razzismo e fascismo, probabilmente, giudica meno pericoloso il libero accesso a Pornhub, di due ragazzi che, amandosi davvero, si tengano per mano mentre vanno in metropolitana.
Verrebbe da giocare un po’, per tutte le contraddizioni che apre, in tutti i campi, e citare Friedrich Nietzsche: “Ogni disprezzo della vita sessuale, ogni contaminazione della medesima, mediante la nozione di ‘impurità’, è vero e proprio peccato verso il sacro spirito della vita”.
Credo sia ora di rivendicare, come Diritto della Persona, intangibile, il diritto a vivere liberamente, ed integralmente la propria inclinazione sessuale, quando questa non comporti alcuna violenza o sopraffazione nei confronti dell’altro. E credo che non sia utile, a questa battaglia né l’ossessione definitoria delle singole individualità; né l’ossessione ad un linguaggio che, aprioristicamente, edulcori e nasconda i possibili conflitti. Anzi, è necessario il conflitto, per raggiungere nuovi equilibri; è necessaria la relazione e la comunicazione reciproca. Comprendo, ed approvo, che si svolga il “Pride”, ma mi sembra immensamente più rivoluzionario camminare tenendosi per mano, o baciarsi al tavolino di un bar.
La singola diversità ( e parlo di qualsiasi diversità ), delle singole persone, è ora di riconoscerlo, per molti, e molte, scatena paura, e incomprensione. L’altro, perturba i nostri equilibri, sempre. E non è facendo finta che questo non sia vero, che si vince la paura, o l’incomprensione.
Credo valga la pena provare a cercare risposta a due domande che Reich formula, come chiave per combattere ogni ideologia autoritaria.
“Perchè non dovrebbe esserci la felicità in terra ? Perchè non il piacere come contenuto della vita ?”