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Storie

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Sparsi versi d’impoesia

Lug 21, 2023 | 2023, Storie

 

C’è sempre sabbia, dopo le righe del giorno.

Resta tra le dita.

E, per questo, brucia la pelle, e la ferisce, anche quando ti sfiori,

da solo,

sanguina, il tempo scorso.

E la solitudine.

…………………………………………………………………………………………………………

Ho un cuore blu

come vento tra rami

feriti da un’alba di foglie

che ancora pregano pioggia

a nuvole distanti meno

del tuo volto dietro un vetro.

Batte tra le ali di un volo veloce

e cade

sui fiori che spezzano l’erba gelata ancora.

…………………………………………………………………………………………………………

Questo buio di montagna incerta,

trapassata da una luna invecchiata,

s’empie di suoni ritorti

e animali in fuga dalla terra insanguinata.

Se solo non fosse così fredda

quella luce che lasciamo dimenticata

quando fingiamo d’essere presenti,

sentiremmo prepararsi i nidi a nascere.

E sulla pelle nuda, avremmo respiro.

…………………………………………………………………………………………………………

Se guardi nello specchio non mi vedi,

me ne sono andato

tanto tempo fa.

Non ho lasciato molto di me;

solo sogni trasparenti nell’aria

scivolati tra le dita.

Senza accorgermene.

Perché il tempo mi ha scavato.

E però non mi sono spento.

…………………………………………………………………………………………………………

C’era del tempo

gocciolante da un tetto spaccato

cadeva in strada, ignorato,

in una pozza rossa di sole serale

e non faceva rumore

ma solo un rimorso di spreco

nascosto, neanche nato.

Avevo sete, d’acqua sporca, anche.

……………………………………………………………………………………………………….

Mi prendi gli occhi

e modelli i miei pensieri,

come una terra rossa e cotta,

per farci palazzi

che non abiti.

Sono io, sbagliato,

che voglio sempre guardarti.

…………………………………………………………………………………………………………

Il cotone gualcito di certe vecchie camicie

ha una dolcezza di guancia rugosa

e l’odore svelto di acque verdi.

Mi veste con la stessa timidezza

di una carezza mai ricevuta.

…………………………………………………………………………………………………………

Quanto vento, ci vuole,

per spostare una storia

da un camino pieno di fumo

azzurro e mani unite

fino ad un mare

schiumoso di stelle ombrose.

Non voglio sapere

come forte debba essere

quel respiro

che porta la sabbia di un gioco

sui prati improvvisi di un monte.

Mi basta che quella storia sia noi.

…………………………………………………………………………………………………………

C’era un tempo, domani

ritorna il mare, come da bambino

le creste d’onda erano neve,

ora sui monti arsi dalla luce di luna

e bianco che rompe la notte.

Non ho più una collana

da tenere tra le dita

quando cerco lontano

quel tempo domani

dove vorrei essere ancora.

…………………………………………………………………………………………………………

Riconosco di non essere ombra

e di non lasciare macchie sui muri

e nemmeno memoria sulla terra.

Basta star lontano dalla luce

e finalmente smetterò di essere

un sogno bruciato all’alba.

…………………………………………………………………………………………………………

Dentro i petali che rompono la terra

scorre linfa della bellezza tua

e oltre la corsa di cerva in un bosco

c’è il silenzio tagliente dei tuoi occhi accesi.

Scioglie la neve la mano tua

mentre ferma il buio

che mi strappa la gola

e smetto di tremare.

…………………………………………………………………………………………………………

Ti racconto che non dormo

e che mi siedo da qualche parte

ad ascoltare le urla

che traversano il buio

e mi graffiano le labbra

e mi lasciano il cuore nudo.

Ti racconto che bevo silenzio

e lacrime rosse.

Voglio aprire la porta

e uscire libero al freddo della strada.

…………………………………………………………………………………………………………

Ballando sotto la luna

ritorno ad un tempo di canzoni

e amici a me stretti;

non ho paura di stendere la mano

a protezione di occhi che pregano

aiuto e pane.

La luce notturna s’impasta col vento

che porta via le ore

e le posa sulle mie aperte e vuote mani.

…………………………………………………………………………………………………………

C’è un fuoco ancora vivo

di notte e di amore

rosso nel vento di mare lontano

disegna l’aria, inafferrabile appena

le dita cercano la sua musica

libera e bruciante

e non posso fermarlo e chiuderlo

in me, perché bisogna di fiato,

e di te.

…………………………………………………………………………………………………………

Sembra ancora l’alba

una libertà senza uomo

e sorge dai sassi e dagli alberi

dentro un silenzio non più buio

ma aperto dal sole bianco

e freddo, prima poco di nascere

al cielo e agli occhi

che devono piegarsi, offesi

di tutte le cose che abbiamo ferito.

…………………………………………………………………………………………………………

Non serve a niente, cercare le dita

o immaginare un volto che mi guardi

e neppure serve ascoltare i fiori crescere

oltre la finestra e l’erba bagnata dal vento.

La voce mi resta leggera al buio

mentre le parole cadono a terra, sole,

e un angolo di vento sparge via

le luci spezzate che cercavo.

Adesso ritrovo una notte piegazzata;

le coperte pesano di pelle antica

come una cenere di camino

bagnata di pioggia e inverno dentro.

Trovo caldo solo nelle mie tasche.

…………………………………………………………………………………………………………

Divento fumo, e mi sperdo,

non ricordo la brace, sotto,

quando pensavo esistesse fuoco.

È così semplice finire di essere;

restare negli occhi un attimo,

giusto il tempo di credersi.

Finalmente gira la lancetta del vento

e posso sfiorare le foglie della notte.

…………………………………………………………………………………………………………

Vai a raccogliere il tempo

e poggialo,

tra i fili d’erba e il vento,

perché si fermi ad ascoltare

le rondini al freddo e le gazze

annerite dal grigio di tramonto.

Spiegagli, che oggi non deve

andare oltre, fin dove le pietre

sanguinano spezzate.

Ma stare. Solo stare.

Finché la prossima alba

diventi memoria meno pesante

da respirare.

…………………………………………………………………………………………………………

Mi dispiace

ma non sono placato.

Non mi bevo la vostra acqua

e non mangio le cose che vi piacciono.

Non ho i vostri occhi

e non penso i miei siano migliori

ma hanno il profumo di arance che conosco.

Non rispetto le vostre abitudini

imparo a non averne.

Potete comandare dove vi pare

ma io sono troppo piccolo

e non me.

Oggi, ho comprato altri libri

e musica.

Ho di che vivere.

…………………………………………………………………………………………………………

Vorrei cedere il mio posto ad un altro me.

Quello che saprebbe stare contro il vento

quando annerisce sangue nelle vene.

Quello che avrebbe il coraggio di chiudere l’ombre oltre le cime degli alberi.

Vorrei essere altrove

mentre la notte scorre senza giorni

e quando la malattia mi cerca.

E non mi libero di me invece

per quanto miserabile io sia

posso sempre amare e aver fame.

…………………………………………………………………………………………………………

Cammini

a piedi nudi sui miei disegni

e insegni loro i colori.

Ridi

ed esce dalle finestre

il vento del tuo sangue mai fermo.

E mi guardi

trovando tra le mie pagine

proprio il momento in cui mi fai nascere.

…………………………………………………………………………………………………………

Di un intero albero raccontato dal vento

e radicato al cielo,

mi hanno lasciato

un ramo solo, tremante.

C’è primavera, sulla scorza sua;

sono io, che non so

se vedrò fiori.

…………………………………………………………………………………………………………

Credo di appartenere ad un palazzo senza rovina e

credo di poter camminare ancora verso

un appuntamento che non ho e

continuo ad immaginare mattine luminose

chiuse dentro una stanza dove

tu sola puoi fare luce e

so di non avere neppure più una ruga

asciutta di dolore mentre

ogni strada si torce in orizzonte

lontano.

…………………………………………………………………………………………………………

Sono uno dei cinque sassi di un gioco

da bambino

lasciato a diventare polvere in una

dimenticata tasca di calzoni corti

e ginocchia cadute.

Bisogno delle mani tue, per tornare

a misurarmi con i sogni.

E smettere di rotolare via, e

perdermi, tra gli asfalti senza odore

delle auto indifferenti.

…………………………………………………………………………………………………………

Quante vite non ho vissuto

e quante, mi sono state rubate,

nascoste, uccise, prima che le potessi

pensare.

Erano le vite che incontravano verità

e sole.

Vite senza violenza e bugie.

Le tengo care ora

dentro le mie notti di orologi spenti.

Sono tutte ferite e grumi e nodi

e io fingo non facciano male.

…………………………………………………………………………………………………………

C’era fatica, ai remi di legno venoso

e paura, in mare,

quando ponente pesava sulla schiena delle onde.

Per poter dare aiuto all’altro,

mai soli si salpava oltre terra lontana,

prima del giorno senza stelle,

protetti dalle mani delle donne

che fermavano il vento

fino al ritorno degli uomini al porto.

E s’imparava, un mattino in più ancora,

che il proprio nome è solo una sabbia spezzata di scoglio.

…………………………………………………………………………………………………………

C’è una verità

dentro la faccia ignota della luna

e a te solo

appartiene, finalmente possibile

da toccare e guardare

mentre tutti restano accecati

dal solo riflesso

evidente del falso

che non è profondo mai

quanto la luce

custodita, tra le tue lacrime.

…………………………………………………………………………………………………………

Mi cresceva sera tra le mani

mentre avevo ancora giorni

da scavare

e notte mi aspetta senza rintocchi.

Cerco stelle tra i sassi

perché lascino cadere luce

dentro i miei boschi di pensieri.

Non mi importa di perdermi

perché mi trovo solo cercando.

…………………………………………………………………………………………………………

Prendimi per mano

portami dietro il prossimo angolo

di strada rotta

e mostrami un pezzo di cielo

rimasto acceso

almeno quanto gli occhi tuoi

e spezzami ogni paura

e fammi fare un giro

sulle tue gambe libere

prima che io impari

a camminare, e il nome intero del mondo

è il tuo.

…………………………………………………………………………………………………………

Ci sono fiori bianchi

che crescono nella sabbia

aggrappati al vento e nudi al mare

raccolgono le piogge dei sogni

e ne bevono il loro risveglio.

Non hanno ombre,

come un amore indomato,

né passiscono mai

ma volano via, di notte,

profumando la polvere.

…………………………………………………………………………………………………………

Fa oscillare le lancette, il vento,

come se potesse deviarne il giro

e portarle tra le tue mani

ad oltrepassare ogni giorno.

Ascolta le mie molte sconfitte

ma non le ferma sullo specchio,

e le porta fino al sole che accendi

perché se ne sciolgano i grumi

come un nodo di barca liberata dal porto.

Mi ghiaccia il sudore addosso,

questo vento

e allora corro più veloce

fino a qualunque luogo tu sei.

…………………………………………………………………………………………………………

Non voglio essere salvato

mentre sogno di cadere

perché m’accorgo

di quanto sia prezioso

conoscere le mie mani e gambe

e sapere di non avere

altro da custodire.

Solo una storia

di cieli sfuggiti

e alberi torti dal vento

e tentativi d’amare.

Forse sarò sveglio

quando il dolore

mi arriverà addosso.

Lo preferisco, al sogno.

…………………………………………………………………………………………………………

Mi piace la notte da sveglio

perché sento i pensieri

sbattere contro le lancette di un orologio vecchio

e so che l’alba li farà sembrare sogni.

…………………………………………………………………………………………………………

Ho trovato

oltre le mie pagine

una sera improvvisa

poggiata sui miei silenzi

e attese.

Non ho provato, ad allontanarla.

Ci sono entrato dentro

per immaginare il buio

spento

ma per cercare anche

una mano dolce

che bussi al mio tempo

e lo fermi.

…………………………………………………………………………………………………………

Quante tristezze, ho sparse

tra le piume d’un passero

che vola tra le nuvole azzurre

di notte liquida e silenziosa.

Le porta in un nido vuoto

di stecchi aridi d’inverno

perché, poggiate come uova secche,

cadano fino in terra,

e si spezzino.

Finché ci sia requie e fine

al mio gelo.

…………………………………………………………………………………………………………

Roco l’urlo dell’onda

che arrende gli scogli

e ne racconta in sabbia i giorni

è la stessa schiuma di memoria

che il vento sparge sui fiori

e nei fossi di ossa

ma io continuo a stare

dentro quel mare curvo di ponente

e non cerco il porto

ma di andare ancora.

…………………………………………………………………………………………………………

Avrei voluto essere

meno sbagliato

ma non riesco a smettere

di sognare il gelo

delle mie notti sole

senza mattine da inventare

e butto via i passi sulla spiaggia

senza lasciare orme

perché neanche scriverti posso.

Mi portassero via

questi sbalzi di libeccio

come una rondine felice.

…………………………………………………………………………………………………………

Era solo un altro tramonto

e si respirava un vento quieto

come ferri lasciati a rugginire

su un vecchio tavolo sbilenco;

eppure il giorno scurito lo avevo vissuto

ritrovando vecchie strade e amici

e scoprendo nuove pietre sgretolate

sui muri delle case trascorse

che a passarci le dita sopra

lasciavano una polvere di gesso grassa,

di bimbo sicuro alla lavagna.

Potevo camminare ancora, senza sapere, dove dovevo arrivare.

…………………………………………………………………………………………………………

Io non so bene

cosa avrei voluto

e invece so

che ho avuto

molto più di quel che volevo:

ci sono pensieri

che mi accarezzano

e occhi che mi curano.

E a me basta cercare

il suono della prossima alba.

…………………………………………………………………………………………………………

Sì sperdono le mani

mentre segnano il contorno delle nuvole

riflesso nel tuo sguardo di fulmine

e lasciano libero il cielo

di piovere mareggiate e tramonti.

Quando respiri, è alba.

…………………………………………………………………………………………………………

Quasi sul confine del sole

preferisco il cielo mosso

da pensieri di vento

e storie lontane

e miraggi strappati dal giorno.

M’aspetto che la luce

trapassi nuvole e cemento e

brilli le foglie d’albero fresche

come un bacio mai atteso

per il tempo almeno

che torni il vuoto di malinverno.

…………………………………………………………………………………………………………

Ancora non lo so quando è il mio tempo

di guardare la luna steso su un prato sottile

acceso d’acqua, e sentire i fiori

urlare il soffio della fatica

nel rompere la terra e l’inverno.

Quando quel tempo sarà,

ultima verrà la mia parola

a cercare ancora. E ancora.

…………………………………………………………………………………………………………

Non lo so, cosa c’è dopo la luna.

Le scale nel buio per salire

dentro il fondo del mare

e anche le voci, leggere,

di una musica di prati che crescono,

e le carezze mai date

che salgono, come una marea

da non fermare più, mai.

…………………………………………………………………………………………………………

Una vecchia canzone scura,

soffia su un tarassaco nudo e

sparge cristalli vitali

al vento della notte

e li incendia come scintille

indomate e pronte

ad inginocchiarsi all’acqua, e alla terra

per non conoscere morte, e ancora.

…………………………………………………………………………………………………………

Guardo il mondo che nasce.

Succede solo ogni giorno della mia vita.

Da terra s’alza il vapore del mio corpo caldo

e dell’acqua di lacrime mie.

Il cielo ha sangue rosso di cuore

e i fiori spaccano l’asfalto

coi colori di luce felice.

Devo solo smettere di puzzare d’egoismo.

…………………………………………………………………………………………………………

Lontano c’è il silenzio del televisore acceso

e degli alberi notturni.

Lontano c’è solo il silenzio delle parole che desidero

e che restano prigioniere nelle ragnatele

di strade che da me non arrivano.

Lontano c’è solo una luna calante

di luce poca

come il fuoco che non so accendere.

Lontano, un’automobile percorre l’autostrada

forse raggiunge quell’amore che canta

non più da solo.

…………………………………………………………………………………………………………

Cosa posso vedere, se i miei occhi non

guardano te e

cosa posso illuminare se i miei occhi non

ricevono luce dai tuoi e

quali giostre di polvere possono abitare

i raggi d’alba, se tu non sorgi

dalle mie mani che ti accarezzano e

quali domande non posso fare al tuo silenzio se

mi manca il fiato per correre, quando tu

a me, sei lontana ?

…………………………………………………………………………………………………………

Mai sei solo

se qualcuno ti guarda

e ti porta il cielo fino alle braccia

…………………………………………………………………………………………………………

Dentro il freddo scelgo d’essere nudo

e a sera, smetto di guardare orologi e

poggio le mani su una scorza d’albero per sentire la musica del cuore mio

che trasforma terra in linfa e respiro

e foglie protettrici di nidi.

Chiudo la porta al fiato del male.

E mi scelgo i sogni da abitare.

…………………………………………………………………………………………………………

Arrendermi, dovrei, alla mia irrilevanza,

come fossi un’erba tagliata via

per essere fieno in inverno arido

e invece m’immagino esistente.

Angolo di muschio su pietra aspra,

involontaria carezza verde, prima di giallire.

…………………………………………………………………………………………………………

Adesso mi alzo

e chiudo ogni porta

e spengo il cielo.

Poi smetto di ascoltare gli uccelli

e il vento nell’erba

e il mio sangue piangere.

Finalmente me ne vado

dove potrò non essere ferito.

E ancora.

…………………………………………………………………………………………………………

Mi sono preso una notte scomoda

e volevo tagliarle la testa

con un vecchio coltello da pane

che mi bruciava le dita

con la sua lama di denti feroci

come un morso del buio silenzio

che non mi fa sanguinare

ma mi spezza d’assenza.

M’è sfuggita, poi,

con indosso l’odore dei sogni

d’un viaggiatore smarrito.

…………………………………………………………………………………………………………

Io lo so dove l’azzurro trova luce

e dove il vento vola i semi d’erba accesa

e so dove le nuvole aprono i tetti

e so dove la luna nuota

che è dove il sole ha prima profumato l’acqua

e tutto è dove ho imparato il tuo seno.

…………………………………………………………………………………………………………

Tornerei sulla strada sbagliata

per smettere d’essere comodo

e cercarmi limiti da superare.

Mi sceglierei l’argine superato

di un fiume arido e offeso

per seguirne il respiro fino al mare.

E spargermi.

Come un fiore spezzato

dai colori persi.

E dimenticarmi di me.

Per essere solo te.

…………………………………………………………………………………………………………

Neanche se cado in terra

e mi sbuccio tutti i pensieri

posso fermarmi

e medicare le mie ferite.

Mi tengo il dolore,

ed ogni assenza che mi resta

quando guardo una rondine andar via.

Ho solo tempo per capovolgere

il mare che risale i fiumi

e le lacrime

che ridere mi fanno, di notte.

…………………………………………………………………………………………………………

Cadono, gocce di vero

dall’albero bagnato di cielo

e le raccolgo, tra le dita,

per rubare il calore dei nidi

e scaldarci la mia notte

che arriva.

Non temo il freddo

perché da qualche parte ritroverò

il respiro tuo

e saprò dove alba arriva,

e chiude gli occhi felice.

…………………………………………………………………………………………………………

M’accorgo del vento

dalla cima dei desideri che oscilla

tra il giorno trascorso

e quello dei nostri baci

che arriva.

Nascosto tra i fiori di un vulcano

bagnato dal vino delle anfore;

troppo lontano ancora

per darmi respiro.

Sei sempre nuova, per me,

e non t’imparo mai abbastanza.

…………………………………………………………………………………………………………

Sono a sera del mio sole

e quanto colmi sono gli occhi

di nuvole, erbe e papaveri

come esposti cuori.

Ascolto il vento e i passeri

cercarsi.

Addosso, ho odore di corteccia

e fatica.

In gola mi brucia la tua pelle più segreta.

La tocco, la luce che si spegne,

e sazia d’ombra ogni colore

che sempre, m’ostino a desiderare.

…………………………………………………………………………………………………………

Ho smarrito il cielo.

S’intrecciano le foglie d’albero e

nascondono la trama di stelle e nuvole

che gli occhi mi perde e

paure lascia cadere nel vento

come aria bruciata che pure respiro

e non vale chiudere porte

alla notte di fili tagliati.

Non voglio cadere dentro strade vuote

e nemmeno coprirmi gli occhi.

Sempre dopo il buio

sta il mio rifugio di cane zingaro e solo.

…………………………………………………………………………………………………………

Riempie le mie radici, parlare

con ignoti venditori di parole e

scorre tra i miei rami il vino rosso

della compagnia improvvisata e il canto

di uccelli serali che mi coprono

d’ali e calore quando

il giorno tramonta

sulle mie piccole euforie sparse

come ossa della terra.

Apro la mia casa all’ospite

che, d’oltremare, mi racconta

l’infanzia mia. Mai sola.

…………………………………………………………………………………………………………

Non gualcisco con le dita

i petali di papavero leggero

e non tocco, quello che posso ferire

e camminare vorrei senza pesare

sulla mia ombra, che di me conserva

la notte nascosta e arrampicata

sui muri di creta e muschio secco.

Vorrei di me non ci fosse memoria

come una pioggia che apre

la terra al tempo e al fango

senza più orme, inghiottite

dalle radici di un fiore

prossimo a chinarsi.

…………………………………………………………………………………………………………

Non riesco ad andare, sulla cima di un monte:

è perché non sono capace di vincere

e neanche di calpestare un sasso.

La immagino, una vista da alte nuvole,

ma non desidero pesare

e mi basta il silenzio

delle parole che non dirò mai.

Nessuno trova una ragione

per parlarmi.

Eppure ho il profumo azzurro dell’alba

e del tramonto la stanchezza

e mi basta, per sentirmi solo.

…………………………………………………………………………………………………………

Guardo i giorni

come foglie d’autunno precoce.

Scivolano oltre una curva buia

e non posso trattenere

neppure un battito d’occhi.

Se potessi affidarli

alle braccia tue

almeno mi resterebbero addosso

la luce delle rughe

e i baci d’arancia tuoi.

Ci sarebbe sempre luna,

a notte

e sogni come lupi liberi.

…………………………………………………………………………………………………………

Da parte,

resto, mentre i fiori, il mare, le mie parole,

s’impregnano di notte e fuoco caldo

e mentre le nuvole abbaiano

oltre la strada vuota.

Non guardo, e non sento

le voci ed il ridere socchiuso

dell’erba tagliente di freddo.

Sono lontano, dalle mie mani vuote,

e dalle mie braccia aperte.

Non sei con me

per questo, io non sono vero.

…………………………………………………………………………………………………………

Esco dentro la notte

perché ho impazienza d’alba.

Fuori, c’è una musica di orologi

e foglie inquiete

e corrono i passi miei

fino al tuo respiro.

…………………………………………………………………………………………………………

Ho disabituati gli occhi,

alle ferite dell’erba tagliata e

al sole che s’alterna all’ombra

come pensieri che scendano

alle cime di alberi morti e

salgano fino a baciare

il tuo seno di fiore scuro.

Ma non è tra pareti sicure

che gli occhi miei devono stare

perché i rumori e la musica

dei passeri è in strada.

E lì m’aspettano le mie corse interrotte.

…………………………………………………………………………………………………………

Alla fine, mi basta solo

quel pezzo di mare dove

vado a piangere, ogni volta che

le mani mi restano

nude di te e di noi.

Il vento che piega le onde

e il ballo dell’acqua

sugli scogli graffiati

nascondono il giorno

che cade e le lacrime mie.

Aspetto la notte

che mi porti via i sogni

finalmente.

…………………………………………………………………………………………………………

Ti rivedo, quando entri nel mondo,

e hai l’alba alle spalle

e prende fuoco la porta appena aperta e

sei un’ombra calda.

Mi trapassi gli occhi

mentre la polvere del sole aspetta

di cadere in terra mai,

disegnata dal tuo volto

di frutto morbido

vuole sfiorarti lei.

Io, aspetto di nascere

tra le braccia tue di bosco intenso.

…………………………………………………………………………………………………………

Ho in bocca sapore di stelle notturne

lacrime di memoria accese nel buio

e neanche una sedia dove fermarmi

a raccogliere i miei pezzi

sputati in terra da un cielo appena spento.

Da qualche parte sul mare

scintilli tremando tra le onde

mentre cerchi una rotta

per arrivare alla mia isola.

Segui allora, una bottiglia,

colma di tutti i giorni

in cui ho scritto che t’amo

sull’aria dei miei respiri.

…………………………………………………………………………………………………………

Mi sdraio

sul tetto di un pensiero sfuggito

al vento della prigione

e provo a non scivolare

sulle vostre abitudini.

Chinate il capo, quando

non potete pesare e

rubate giocattoli agli orfani.

È bello, passare dove vi nascondete

e andare oltre.

…………………………………………………………………………………………………………

Respiro polvere di petali

e scarpe spaccate.

Quanta strada ho fatto

per arrivarti almeno vicino

e sapere, sapere che esisti

e non sei

il mio unico sogno e

tutti i miei sogni insieme.

E quanta

strada lunga farei

perché senza te

io non sono.

…………………………………………………………………………………………………………

Non salutarmi

quando me ne vado, non salutarmi.

Lascia posare sulle tue mani

le mie parole mentre il giorno

mi porta via, ma

non rispondere.

M’illudo allora di non essere

da te separato.

Sempre, per me,

se tu non pronunci le cose

non hanno realtà.

…………………………………………………………………………………………………………

Questo cielo di sabbia

spegne i giochi dei bambini

e atterra le rondini

sugli argini d’erba seccata

e macerie imploranti.

Nasconde nuvole aperte agli occhi

e pesa sul mio respiro di ferro.

Neanche più un vento

di egoismi sordo

riesce a nascondere il fumo

di incendi aridi.

…………………………………………………………………………………………………………

Eri una bambina

con le labbra di gabbiano triste

e i capelli di sole perso tra le onde.

Ti guardavo da un monte impossibile

senza strade accese fino a te.

Era sempre sera

appena sorgeva alba

senza te.

Oltre spiagge lontane

m’ero spinto, per non sentire più

la mia pelle di salsedine

eppure tu fiorivi anche sulle dune.

…………………………………………………………………………………………………………

Che strada secca

compiono le lacrime mie

traversando le rughe

antiche del mio volto

mentre ricordano le guance rosse

d’incertezza attenta e pudore

a non essere perfetto sempre

come una stampa nitida e

invece ero

e sono

solo io.

Mani che scavano il cielo.

…………………………………………………………………………………………………………

Prego sempre,

in assenza di Dio.

Che il vento porti semi,

e mai di fuochi l’odore.

Che il mare racconti storie

senza inghiottire di bambini i passi.

Che la pioggia nutra la terra

e non ci siano alberi di cenere.

Che torni ogni giorno

il respiro di chi amo.

Sembrano petali rossi sconfitti

le mie parole ai piedi delle nuvole.

…………………………………………………………………………………………………………

Sera scende agra

come un limone dimenticato.

Non devo cercare più, luci

tra angoli di finestre serrate

e nemmeno vento tra foglie ferme.

Non mi è data acqua

quando ho sale nella bocca.

Dovrei solo chiudere la mia porta

e mettere due monete sugli occhi miei.

Eppure, per conoscere, è ancora

alba.

…………………………………………………………………………………………………………

Dentro il mio bicchiere di vino

naviga il silenzio delle parole

che non più ascolto

e affonda

una mia solitudine antica.

Sento il sapore di terra rossa

e ulivi spenti

e di una conchiglia il rumore

di mare lontano.

I pensieri vorrei stonare

e buttarmi via tutto

per disegnare fuochi nuovi

alla notte.

E non avere risveglio.

…………………………………………………………………………………………………………

La spiga di grano aveva sapore

di terra dura e api e pane ancora

non cotto.

Ne cercavo le poche rimaste

dal mietere prima di ogni tramonto.

Nude tra stoppie e sassi

e fragili, come le dita tagliate e asciutte

di mia madre.

Pioveva, sul campo bruciato

quando l’estate iniziava a finire

ed io non ero più, solo un seme.

…………………………………………………………………………………………………………

Esco

a piedi nudi nell’alba.

Ombre d’alberi abbracciano il cielo

scuro d’azzurro della notte sorpresa

dal rumore della luce

che suona di uccelli nel nido

e acqua che scorre.

Mi sono svegliato e posso

pensare ancora.

E ancora chiedere d’essere amato.

…………………………………………………………………………………………………………

Mi siedo

sul bordo dell’asfalto ad ascoltare

la mia notte allontanarsi

sporca della cenere di pensieri

trascorsi.

Fili d’erba seccati duri tra le dita

e un cane che abbaia lontano

al cielo senza luna.

Da solo, tanti altri passi , oggi.

…………………………………………………………………………………………………………

Hanno ripreso le rondini

a scheggiare l’aria

dopo la pioggia e il fango

che han portato le braccia mie vuote

a valle.

Ombre veloci sui raggi di sole spaurito

come note di musica tagliente

che resta

sospesa sulla sera assetata.

Le foglie, sono colme di lacrime

che non ho pianto, ma desiderato.

…………………………………………………………………………………………………………

Io desidero impossibili ali

per traversare certe mie mattine

di un tempo senza paura

e mostrargli la strada percorsa

e rivelargli che

di tutta una luna illuminata da nuvole,

solo averti sfiorata

mi ha fatto nascere.

…………………………………………………………………………………………………………

Volevo solo niente

e lo volevo mentre

avevo il tramonto dentro e

seguivo una musica finché

non s’è fermata

nell’erba seccata e

allora ho scavato perché avevo

bisogno di vento tra i rami

e non m’è rimasto niente.

Ed era quello che volevo.

Niente.

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Non respira insieme a me

questa sera che scende calda

e nemmeno il vento, batte

col sangue mio

e le parole non trovo

per fermare la mia ombra

che scivola

dentro una pozza di luna.

Allora mi spoglio

nudo e mi stendo in terra

e aspetto che mi porti via.

Un sogno.

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Una donna percorre la lentezza del dolore

senza che i fiori possano

spiegarle nulla, o la luna

fermarne le lacrime

nascoste sotto i sassi.

Di notte smettono le cicale

i loro richiami d’amore e

abbaiano lontane le stelle.

Nessuno vince l’assenza

solo le nuvole disegnate dal vento

possono aprire cieli

colorati dei passi che possiamo.

Si fermano gli orologi,

quando sa d’essere viva.

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M’accorgo del vento dalle foglie inquiete

questo vento serale che

risale i costoni di montagna aspra

e svalica, verso un mare

che non voglio nuotare.

Ho dentro, il mio mare di sirene

e onde lunghe

e di alberi maestri fragili

che fermano ali di cotone

e salsedine e sego e sudore

e fame e cime.

Al termine del mio mare è

il mio funebre telo e i remi.

Ma fino a lì, resta colmo di te

il mio cuore di bronzo antico.

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Sono una casa scrostata

e ferita, e i miei occhi sono

di vetro spezzato e storte,

le palpebre senza sonno.

Ho gambe fragili, divorate

da ruggine sabbiosa di tempo.

Ma ho porte aperte per te

sempre, e mura che t’abbraccino

e proteggano e coprano

perché tu sola, puoi abitarmi.

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Di questi pomeriggi fermi

mi pesa l’assenza di vento perturbatore,

il pallone che stampa sui muri

un’ombra polverosa e veloce

e lo scalcagnare degli zoccoli

di legno povero e sudato.

Mi manca la luce di traverso

le persiane verdi

spiegazzata dalle tende bianche

e l’attesa di sera fresca.

Non m’importa d’aver perso l’infanzia

mi spiace non vederne altre.

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Forse c’è qualcosa oltre

l’orizzonte

ma io già ora, non posso

toccarti.

Spenta la notte, tornerà

il giorno

ed è lontano, come un sogno

senza memoria.

Guardo un fiore, di là dal

vetro

e passisce, senza l’acqua della

bocca tua.

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Basta che mi guardi

mentre sono su un balcone lontano,

basta che mi scrivi

su un foglio aeroplano

e basta che mi accendi

un lampione distratto

dalle carezze di un cane randagio e

basta che mi allunghi

un bicchiere di bollicine

e basta che balli con me

un passo di brughiere e

scogliere alte

e allora, allora solo mi difenderei

con un coperchio di latta dalla notte

e vincerei l’alba

dalle dita di arancia e le labbra tue.

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Quante cose non mi servono:

per andare, non mi serve speranza e

per tornare non mi serve nostalgia e

quando leggo non mi serve ordine

e quando cado non mi servono mani

che mi riprendano

e se nuoto non voglio galleggiare

e se l’orologio finisce non mi serve

fermarlo.

Solo voler guardare le stelle mi serve

e sentire nei mattoni sporchi del molo battermi il cuore

come davanti ad un legno di barca

fragile.

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Guardo le foglie esauste di un pensiero pendere,

da un ramo sospeso sull’assenza di nuvole

e aggrappato alle ali di un passero

che canta la solitudine di un tramonto lontano;

se ci fossero mani aperte

a raccogliere quella linfa di illusioni colante

forse, anche l’ombra delle mie poche

ostinazioni capirebbe

d’essere sconfitta e ascolterebbe

le risate lontane di giovani donne felici

e cercherebbe quiete. Infine.

E senza sogni sonno.

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La mia musica

porta l’alba in cielo mentre

ancora notte sembra e

lo scuote e perde e

lo disegna di linee felici

e ritmi di temporale

e curve di tempo trasparente.

Divide il sole in raggi morbidi

la mia musica

e in spade di luce urgente.

Non vende dischi, la mia musica,

ma balla e regala primi sguardi sul mondo

e mi snuda la pelle. Sempre.

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Il mio futuro è un parcheggio vuoto,

un concerto di silenzio denso

mentre un cane senza carezze, guarda.

Non intendo neanche ribellarmi

al mio incerto futuro.

Da qualche parte, ci sarà

un parassita che mi aspetta,

paziente, sotto il cuore che

mi batte forte.

Puoi chiudere,

questo sipario senza gloria.

Io me ne vado.

Oltre questo cielo giallo di poltiglia

vado trovandone uno semplice

terso d’aria schiva, almeno libera.

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Piega, il vento, l’albero nuovo

e ne prova tenacia al dolore

non cade di foglia lacrima

né strappa di terra radici dolci

ma il fusto rialza se quieta

appena il soffio nero d’odio.

Così, orizzonte libero cerco

sempre, quando sono steso ferito

né m’importa del sangue colato.

E non m’offende il vento mai;

sua natura, correre indifferente.

Colpevole è chi profitti senza

cura e spregiato vuole ogni

mio sogno e pensiero, eppure

s’alza il tempo, e come tramonto

spegne, ogni vissuto giorno.

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Ascolto due orologi battere.

Uno segna il giorno,

e l’altro segna il tempo.

Quello che segna il giorno

torna su sé stesso e ritrova

sere dolci e mattine sveglie

e stagioni e feste e esami

e attese d’amore.

Quello che segna il tempo

corre

ed ha il solo verso dell’andare

fino al buio di sé.

E ha sempre meno strada.

Per questo, m’inganno, aspettando

giorno e primavera, e te.

Come se potesse illuminarsi,

l’ombra.

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Non voglio lasciare impronte ma

essere acqua leggera che

scorre e svapora.

E che nessuno s’accorga,

delle mie mani.

Come le mille moltitudini senza volto

delle notti trascorse, così il nome mio

sì sperda, perso nel vento.

Neanche un fiore, è cresciuto,

per mio merito e di me i campi

non sono fecondi.

Solo del cielo una goccia

di pioggia desidero.

Unica lacrima che non sia mia.

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Da un giorno, ti aspetti parole

nuove e vere finalmente.

Ti aspetti nuvole che cambino

il cielo e le abitudini che

conosci e temi.

Ascolti la voce dei cani lontani

che chiamano il monte

perché scenda, dalla sua solitudine.

Respiri della tua propria assenza

l’odore.

Del giorno guardi già

l’erba stinta ed esausta

e sempre meno fiori

ti aspetti di sfiorare.

Dentro il giorno vai,

a portare quella luce che

insiste, a restare accesa.

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S’arruffa le penne un passero

poggiato sul fondo d’un bacile smaltato

che, leggermente colmo d’acqua serale

ho poggiato sul davanzale d’una finestra

quasi chiusa, agli occhi suoi.

Lo guardo mentre inquieto

si bagna le piume e beve,

e mi pare quasi pronto

a volare da me lontano.

Forse finalmente felice dopo la sete.

E un giorno smetterà di ricordare

quell’acqua mia segreta.

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Mi prende una strana voglia di sorridere

come se fossi vivo, e amato.

E mi stenderei sulla terra, arsa,

immaginando una pioggia dolce

che mi bagni via le lacrime

e mi lasci la bocca colma di vino

trasparente, come se fosse placata

la sete mia.

Di te.

E mi prende necessità d’abbracciarmi

per far finta di non essere solo

e pallido e sentire che mi corri dentro

mio sangue.

Mi prende gioia di chiudere gli occhi

perché si capisca, che senza te,

il mondo non lo guardo.

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