Quanto affanno, nel respiro affannoso…
Il cardiologo ti dice che, per prevenire indesiderati coccoloni, data l’età avanzatissima, almeno, oltre a smettere di fumare, di bere e di tifare per l’Inter, dovresti anche deciderti a mangiare decentemente, e dovresti perciò rinunciare alle tue amate cotiche di cinghiale del Parco del Sole, di cui un esemplare è stato appena abbattuto dal Sindaco in persona dopo una gara a craniate, oltre che agli arrosticini di capretto da latte e ai bignè di San Giuseppe fritti con lo strutto e riempiti di crema pasticcerissima ( quella che si fa con otto rossi d’uovo per ogni litro di latte ), e, soprattutto, dovresti camminare.
Sì, camminare, almeno un’ora al giorno, per cinque chilometri al giorno, e quindi ad una velocità di crociera di cinque chilometri l’ora.
Correre, te lo sconsiglia.
D’altra parte, hai due menischi lesionati e l’artrosi galoppante; talmente galoppante che hai persino le sinapsi artritiche e, per sviluppare un pensiero per intero, hai bisogno di doparti, e parecchio, col succo d’uva di Montepulciano, appena munto dal barile.
Quindi, desisti.
E perciò, inizi a vagliare le possibili location in cui espletare questa medicina preventiva, corroborandola ovviamente con dosi massicce di gesti apotropaici e scongiuri meridionali di rito.
A Piazza d’Armi, non si può più.
La pista d’atletica ti è interdetta per manifesta inferiorità fisica.
Il percorso da skateboard, affrontato a piedi e senza tavola rotellata, farebbe ridere di te i giovani virgulti impegnati in acrobazie onanistiche.
Se decidessi di usufruire all’uopo, dello spazio mercatale, ti accorgeresti che, nel meriggio, esso è appannaggio di bimbi biciclettati e causeresti loro pesanti traumi infantili, se ti vedessero, ingolfato con il tuo cappelletto di lana, incarcato fino al naso, e i giubbotti catarinfrangenti e termicamente isolanti che utilizzi in numero mai inferiore a tre insieme, per proteggerti dal freddo becco aquilano, somigliando tu, conciato in tal guisa, ad un orrido Golem senza faccia.
Quindi, desisti.
Scarti anche l’area sportiva di Centi Colella.
Non sei tesserato a nulla, e, in verità, temi che qualcuno, vedendoti palesemente inadatto ad ogni prestazione atletica, ti destini alla guardia del Palazzetto dello Sport giapponese, dove rischieresti di finire, nell’attesa che il palasport diventi fruibile, come Hiroo Onoda, che nel 1974 venne ritrovato nell’isola filippina di Lubang mentre pensava che la Seconda Guerra Mondiale fosse ancora in corso.
Quindi, desisti.
Temi, nell’area del Parco del Sole, rinselvatichita, e brulicante di cinghiali armoricani e lupi mannarini, d’essere assalito dalla fauna brada e non ancora oggetto di apposita ordinanza di abbattimento.
E, quindi, desisti.
Finalmente, ti sovviene un’area straordinariamente vocata alla bisogna. Il meraviglioso Parco del Castello. E ti predisponi, quindi, ad usufruire dell’ubertoso ossigeno che si respira in quell’area così preziosa, per la città.
Ma, subito, t’accorgi che, mentre il luogo è perfetto, per esercitare i tuoi passi alla velocità dovuta e per il tempo richiesto, i servizi dedicati, invece, deficitano in modo assai sconveniente.
Innanzi tutto, per arrivare all’area perimetrale del Forte Spagnolo, da te scelta quale percorso terapeutico, devi traversare una serie di vialetti, intersecati da stradine, bloccati da muriccioli, cintati da aiuole, e ingentiliti da panchine in vanadio molibdenato, del tutto privi di una qualsivoglia segnaletica orientante, tanto da farti pungere dal sospetto che trattasi di percorso labirintico iniziatico. Sospetto che rischia di trasformarsi in certezza, quando, in un cantuccio, scopri un enorme mucchio di ossa biancheggianti e inquietanti, forse appartenenti a fauna del passato, o al Minotauro, abbattuto da Teseo e abbandonato al ludibrio del tempo.
Segnaletica del tutto assente anche nell’anello che costeggia il Forte Spagnolo, e che invece dovrebbe recare alcune fondamentali indicazioni.
In primo luogo, dovrebbe preavvertire della lunghezza, di detto anello, di modo che tu possa psicologicamente predisporti alla fatica del veloce camminare e misurare mentalmente, il traguardo da cogliere, autospronandoti fino al raggiungimento dell’obiettivo, anche attraverso pietose bugie che suggerirebbero la vicinanza della fine della fatica, mentre invece si sia ancora, poniamo, solo a metà dell’opera.
In secondo luogo, occorrerebbe spiegare se, procedendo in senso orario, o, viceversa, in senso antiorario, il percorso sia più, o meno in salita. Informazione decisiva, quest’ultima, onde consentirti di scegliere un percorso dapprima magari un po’ più impervio, e un po’ più agevole invece, quando la fatica iniziasse a farsi palese e tu avessi la salivazione azzerata, il fiato a mantice e i piedi strascinanti.
In terzo luogo, sarebbe opportuno segnalare la totale disconnessione della copertura d’asfalto, spezzettata e bucata, quella parte non ricoperta di deiezioni canine ( precisamente di signorilissimo carlino che però abbia ingurgitato prima della sua passeggiatina, una chilata circa di erba gialappa exogonium purga benth. ) , quasi peggio di una qualsiasi strada aquilana di periferia, che so, tipo via Leonardo da Vinci, che ti obbliga, a camminare circospetto, con grave nocumento alla tua velocità necessaria, al fine di evitare clamorosi e patetici capitomboli.
A questo punto, inizieresti la tua prima uscita, familiarizzando col luogo, ed imparando a difenderti dalle sue insidie nascoste.
Innanzitutto, sarebbe consigliabile, per acuire l’aspetto di cimento ardimentoso della tua passeggiata, fornirti di walkman a cassette, con il quale accompagnare a suon di musica il tuo passo spedito. In particolare, s’adatta perfettamente alla bisogna un melange di formazioni glam-metal degli anni ‘80 dello scorso secolo. Tipo Motley Crue, Twisted Sister, Def Leppard, Europe, Kiss e compagnia urlacchiante.
L’accompagnamento musicale inibisce l’ascolto del canto degli uccellini, certo, ma anche il prestare attenzione alle parole di chi passeggi intorno a te, coppie o gruppi, e il cui contenuto, potrebbe incuriosirti spingendoti a rallentare ad esempio il tuo passo onde carpire parti più corpose degli altrui discorsi; una pratica questa che si addice ad agenti segreti putiniani, e non a te che stai fluidificando il tuo apparato cardiocircolatorio.
Certo, il passaggio tra una canzone e l’altra, col relativo silenzio di qualche secondo nelle tue orecchie, t’impone di ascoltare la pesantezza dei tuoi passi accelerati come una vecchia comica del muto, e ti fa sovvenire che l’urto del tuo peso potrebbe essere registrato dal sismografo posto all’interno delle mura del castello, ponendo in allarme gli studiosi: sarebbe apprezzabile se tu, in realtà, tralasciassi di incedere sull’asfalto, e ti limitassi a percorrere i tratti sterrati che meglio assorbirebbero la tua pondità.
E’ auspicabile inoltre mantenere un certo distacco umorale dalle apparizioni di donne che, in tacchi a spillo percorrano leggiadramente quei tratti di strada nei quali tu incespichi bolsamente di continuo: considerarle apparizioni divine, più che sollecitare il tuo senso estetico, finirebbe semplicemente col porti una serie di problemi metafisici, cui il tuo crasso materialismo non ti ha minimamente preparato.
Preparati a schivare sempre le donne che spingono carrozzine compulsando ferocemente, nel contempo, il loro smart telefono: esse infatti, in caso di collisione, ancorchè da loro cagionata, non userebbero il conciliante modulo CID, ma una pesante mazza ferrata che, con noncuranza, celano sul fianco del pargolo dormiente, quale argomento principe di una discussione vertente sulla responsabilità del sinistro.
E non t’affliggere, non t’affliggere mai, se, mentre arranchi ansante lungo i fianchi del pendio scosceso del castello, un vecchietto cappellato di millanta anni, appena deposta la sua Panda in un parcheggio adiacente, continui a camminarti davanti, senza mai farsi raggiungere e men che meno superare: consideralo un miraggio, un orizzonte, un unicorno. Un giorno, potrai essere come lui.
Infine, abbi cura sempre di omaggiare, passandogli di fianco, il folto stuolo di uomini chiacchieranti in circolo perenne, sull’angolo del castello prospiciente il parco giochi dei pargoli. Essi concionano di massimi sistemi, e da essi dipende l’equilibrio stesso della città. Non stupirti, se tra loro sentirai qualcuno apostrofare gli altri con le immortali frasi d’apertura delle Catilinarie ( Quo usque, tandem, abutere … – nome di politico aquilano – patientia nostra ? ); né meravigliati se tra loro s’ergesse qualcuno, tenendo in braccio una stozza di binario della Metropolitana di Superficie ed iniziasse una orazione con le eterne parole del Bardo: “ Amici, Aquilani, compatrioti, prestatemi orecchio. Io vengo a seppellire questa ferraglia, non a lodarne il facitore…” . La vera democrazia aquilana passa da queste discussioni.
E quando, esausto, avrai compiuto il primo periplo del castello, e ti sarai accorto che è trascorsa già un’ora, da quando hai iniziato, ti sconsigliamo caldamente, di recarti a cercare ristoro alcoolico e/o paninico nelle botteghe dintorno.
Non varrebbe a nulla allora il meritorio sforzo che hai appena compiuto e s’avvicinerebbe a te ancor più, la fredda falce della Nera Signora.