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Dare una possibilità, alla Pace

Gen 30, 2023 | 2023, Istantanee

Come sarebbe se.

Se mi svegliassi la mattina, abitando, per esempio, a Collebrincioni, e m’accorgessi di aver potuto dormire, e d’essermi potuto svegliare, perché abito lontano dal centro. Lontano da caserme, servizi essenziali. Lontano da centrali elettriche o telefoniche. Lontano da fabbriche e uffici importanti.

Perchè abito più o meno lontano da obiettivi che possono essere bombardati, quindi; e perchè nessun missile è stato sparato fuori bersaglio, stanotte, o, volutamente, su un bersaglio civile: casa mia.

Se mi svegliassi la mattina, e se, stamattina, , dopo giorni senza, scoprissi che dal rubinetto di casa mia esce acqua, e che posso lavarmi, e bere, e che non serve uscire nel freddo sottozero e nascondermi in mezzo agli alberi, per fare i miei bisogni, perché la fogna, senz’acqua, non funziona.

Se mi svegliassi la mattina, stamattina, e scoprissi che, oggi, eccezionalmente, c’è il gas in casa. E potessi prepararmi un caffè. O magari scaldare dell’acqua e prendere un thè, e mi ricordassi, dopo giorni e giorni d’assenza, che col gas si può accendere il riscaldamento, e farsi un bagno caldo, e potessi addirittura lavarmi, tutto il mio corpo infreddolito, con l’acqua, finalmente, almeno tiepida, e sentire meno freddo, tra le mie mura, e potessi aprire le finestre, al mattino, perché ci entri aria pulita, anche se gelida, perché comunque, posso tenere i termosifoni accesi, anche se non so fino a quando.

Se questa mattina in cui mi sono svegliato, e tante cose buone stanno succedendo, fossi così fortunato da poter andare in un supermercato a fare un po’ di spesa, e trovarla, la merce che cerco. Del pane, del latte, dei biscotti per i miei figli. Un po’ di carne, magari, o addirittura del pesce, anche congelato. Della verdura, e frutta. E un sapone, che sta finendo, quello che avevamo.

Certo, la fortuna dovrebbe continuare parecchio, perché se c’è la coda, per entrare al supermercato, potrebbe anche capitare che qualcuno decida di spararci contro. Un razzo, un proiettile di carro armato, o un cecchino magari. Con tanta gente insieme, i bersagli diventano facili. Non si spreca il metallo.

Se questa mattina, in cui mi sono svegliato colmato dal cielo di sorte buona, potessi smettere per un po’ di pensare che non ho più un lavoro, e che non so se, e quando ne avrò un altro. L’ufficio dove lavoravo era in un edificio che è stato bombardato. Io sono vicino alla pensione, e come faccio a trovare un altro lavoro, in questa situazione ? Ogni tanto lo Stato ci accredita qualcosa sul conto, forse dipende da quando arrivano gli aiuti internazionali, quelli che non arrivano in armi da usare al fronte. Ma il fronte è tutto. Tutto intorno a me è il fronte. Da qualsiasi parte possono partire i nostri spari, e in qualsiasi luogo possono arrivare i loro. Non c’è una trincea. E non ci sono castelli che proteggono dagli archi e dalle frecce. I colpi arrivano dal cielo. Da decine di chilometri lontano. Per ammazzarci, non devono neanche fare la fatica di guardarci in faccia.

Certe volte mi pare che, se penso al lavoro che non ho più, è solo perché, così, smetto di pensare che posso morire. Che può morire qualcuno che amo. Mi vengono i sensi di colpa, ora che non sono più utile a niente, e devo solo pensare a sopravvivere. Ma ci andrei a lavoro, se ce lo avessi un lavoro, davvero. Anche se fosse rischioso andarci. Lo giuro.

Se sentissi suonare l’allarme, stamattina, penserei che non è cambiato molto, da quando le campane delle chiese suonavano, richiamando tutti a rifugiarsi dentro le mura, o quando sulla cima delle torri, s’accendevano i fuochi, per avvisare che s’era visto il nemico arrivare all’orizzonte. Di diverso, c’è che ora si muore in modo un po’ più asettico. Gli schizzi di sangue, e i pezzi di carne tagliata, e le urla di dolore, ci sono sempre. Ma chi ti ha colpito, non ti sente, e non si sporca di te. Sta dentro un abitacolo, da qualche parte, lontano, a fumarsi una sigaretta e a premere bottoni. Somiglia a quelli che ci guardano in televisione, lontani, pure quelli. Che la mattina fanno come facevamo noi una volta, la mattina. Si svegliano, si lavano, fanno colazione, fanno i loro bisogni corporali, portano i figli a scuola e vanno a lavoro. E poi ridono, si mandano messaggi col cellulare e guardano film in televisione, o vanno al cinema, o al teatro, e vanno anche allo stadio, a guardare il calcio. Fanno l’amore. E adesso ci guardano in televisione, a noi che facevamo come loro e, magari, anche loro cambiano canale, quando ci vedono, perché non vogliono deprimersi, con la guerra. Come facevamo noi, un tempo. Perché basta, con la guerra. Perché noi abbiamo torto, e noi abbiamo ragione. E mettetevi d’accordo. E che vuoi che sia, un po’ di terra in più, o un po’ di terra in meno. Dai basta.

Mica ci verrete a disturbare con la bomba atomica. Che c’entriamo, noi, con le vostre beghe ? Noi possiamo pure decidere di aiutarvi, però ammazzatevi tra di voi, dentro i vostri recinti. A noi, non ci dovete disturbare. Già paghiamo, con l’inflazione, con le bollette, la vostra guerra.

Ci vorrebbero dar lezioni, quelli che adesso ci sopportano, guardandoci in televisione, di come ci si arrende, o di come si vince, o di come si fanno le trattative con chi ti è venuto a sparare a casa tua, o di come si ricostruiscono le strade e i ponti, o di come si vive in una baracca, o in una grotta.

E’ facile parlare. E’ facile, scrivere. E’ facile anche far finta d’immedesimarsi negli altri, nelle loro angosce, e nella loro disperazione. Quando tuo figlio è lontano e con le armi in mano.

E’ più difficile essere umili, e partire, per cercare soluzioni, da quelli che stanno morendo; da quelli che hanno ammazzato. Da quelli che stanno in ospedale feriti o mutilati. Da quelli che sono senza lavoro, e senza speranza. Da quelli che sono rimasti soli, e da quelli che devono abbassare la testa, altrimenti gli sparano, o li mettono in galera. E’ difficile fare i conti con la paura, e anche con la durezza delle scelte di guerra.

Ogni volta, ci sono i tifosi dei torti, e quelli delle ragioni. E anche il loro tifo, un qualche senso ce lo avrà.

Spesso, non sono i capi, ad aver ragione. Ma quelli che si mettono le mani sulla testa, per ripararsi dalle bombe.

Se mi svegliassi domattina, nei panni degli altri, e gli altri si svegliassero nei miei.

Come sarebbe ?

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