Mi fa paura, l’idea che morirò. Che ci sarà un momento, in cui tutto avrà fine, e, nello stesso tempo, in cui tutto continuerà, ma senza di me; indifferente al fatto che io sia esistito.
Il momento in cui morirò, lo immagino. Ma non riesco ad immaginare il mio ultimo pensiero. Magari sarò sereno. Magari starò tremando dal terrore. Magari non ci starò capendo niente. O magari vedrò un diavolo dell’inferno pronto a trafiggermi col suo forcone. Oppure vedrò la pelle scuoiata del mio corpo appesa al ramo di un albero seccato.
Potrei entrare in un quadro di Hieronymus Bosch, o in un incubo di Dylan Dog.
Mi troverò dentro un deserto ghiacciato e senza luce, condannato a vagare in eterno senza alcuna meta o requie. Oppure mi accorgerò, esattamente nell’istante della morte, che sto andando incontro al nulla: alla totale perdita della mia coscienza, della mia voce interiore. Un vuoto siderale senza alcun pensiero.
Invece, potrei essere portato di fronte a San Pietro, che comincerà ad interrogarmi, e io sarò nel panico, perché saprò, con assoluta certezza, di non poter certo raccontare bugie.
Non sarebbe male, trovarmi davanti a Manitù, che al suo fianco, schiera Tex Willer, pronto a gonfiarmi di botte per i miei peccati, e però anche, dopo avermi tumefatto ben bene, disposto a consegnarmi un bel cavallo, con il quale percorrere nel vento, tutte le celesti e infinite praterie senza temere nulla, nutrendomi di quello che la natura mi offre.
E’ facile scherzare, ora.
Ma dovrei provare a farlo al decimo giorno consecutivo di agonia per una malattia terribile dalla quale non avrei scampo alcuno. Lo saprei, che sto per morire. E ogni momento mi avvicinerebbe a quel momento lì, e non potrei mai scappare; non potrei chiudere gli occhi e addormentarmi, sicuro di svegliarmi l’indomani mattina col caffè che mi aspetta. E non potrei nemmeno aprirli, gli occhi, e sperare che sia tutto un brutto sogno, perché in realtà sarei sveglissimo, e puzzerei già di cadavere.
Vabbè, ma, a pensarci bene, questa, in realtà, è la condizione del vivere normale, quotidiano.
“ Come essere santi senza Dio: è il solo problema concreto che io conosca”… direbbe Albert Camus…
E io, pure se senza Dio, potrei dire di essere stato un Santo ?
Il massimo dello scorno, per un ateo reo confesso, sarebbe andare in Paradiso. Ma, il Paradiso, come dice David Byrne cantando, è un posto dove non succede mai niente.
Io continuo a girarci intorno, ma, alla fine di tutto, almeno Epicuro, riesce a difendermi ?
Quando ci sono io, non c’è la morte, e quando c’è la morte, non ci sono io. Semplice, in teoria. In teoria, nessuna paura, quindi, per qualcosa che non avrà alcun senso per me.
Sì, ma dopo, dopo, che succede ?
Dopo, c’è Jack London e il suo “ Vagabondo delle stelle”.
Io… se mi mettessi in una situazione terribile, come quella raccontata nel suo libro, tipo… che so, prigioniero dentro una cella stretta, buia e malsana, lasciato senza mangiare e senza bere, e al buio, e picchiato dai miei carcerieri a sangue, con una furia degna di miglior causa, e se fossi serrato, con le ossa spezzate, in un letto di contenzione per mesi e mesi, allora riuscirei ad uscire da me stesso; riuscirei a guardarmi dall’esterno e a scorgere le mie vite precedenti.
Gli atomi di luce che avrei lasciato sul mio cammino nei secoli precedenti, ritroverei, e potrei ricomporre il mio mondo, il mio essere… potrei riconoscermi ed avere di me consapevolezza… e magari, ancora…
Morire è solo dormire, sognare, forse.
Ma se mi facessi cremare, poi, nel giorno della Resurrezione, mi ritroverei tutto a posto come sono io adesso, o rimarrei comodo dentro un portacenere ?
Spero che Giordano Bruno riviva tutto intero e senza mordacchia.
Come diceva quel film ?
La negatività dell’universo… la terribile vacuità solitaria dell’esistenza, il nulla assoluto, la condizione dell’uomo costretto a vivere in una deserta eternità senza Dio come una piccola fiammella tremolante in un immenso involucro vuoto con null’altro che paura, orrore, schifo e degradazione che formano una squallida ed inutile camicia di forza sospesa in un cieco ed assurdo cosmo…
Esattamente come la vertigine soffocante dell’infinito; del nulla che avvolge e toglie aria e ogni possibilità e mi lascia solo e indifeso, nudo a riflettere il nulla di me stesso per l’eterno tempo che non si può più contare…
Devo cazzo smettere, di mangiare peperoni e fagioli insieme, a cena.